Torri d'Europa, ancora chiusure: Douglas alza bandiera bianca
Pubblichiamo il comunicato da da Cgil Fvg
"Nei giorni scorsi, dopo aver appreso dalla stampa specializzata che la catena di profumerie Douglas, multinazionale tedesca che conta in Italia 2582 lavoratori, intendeva avviare un severo piano di ristrutturazione in Europa, abbiamo incontrato, a livello nazionale, la Direzione italiana, la quale ci ha annunciato l’intenzione di chiudere 128 negozi sull’intero territorio nazionale entro giugno 2022. IN Friuli Venezia Giulia ad oggi vi sono 17 negozi (3 a Trieste, 3 a Pordenone, 4 a Gorizia, 7 a Udine) per un totale di 86 lavoratrici ed 2 lavoratori. La Direzione ha dichiarato l’intenzione di procedere alla chiusura di ben 5 negozi (Trieste CC Torri d’Europa, Udine Via Rialto, Cervignano del Friuli, Gemona CC Le Manifatture, Udine CC Città Fiera) all’interno dei quali lavorano 22 lavoratrici. Il percorso indicato dall’Azienda, tra le altre cose, ha determinato già la chiusura (14 febbraio 2021) del negozio del Città Fiera dall’oggi al domani, evidenziando la totale mancanza di sensibilità e di rispetto nei confronti delle lavoratrici, avvisate solo con una stringata comunicazione da parte dell’Area Manager. Il Coordinamento delle strutture e delle delegate della FILCAMS CGIL del Friuli Venezia Giulia, convocato in sessione permanente, denuncia la grave irresponsabilità, nelle forme e nella sostanza, del progetto di riorganizzazione aziendale, progetto industriale non presentato alle Organizzazioni sindacali, ammesso vi sia a questo punto, progetto che ad oggi consisterebbe unicamente nella chiusura dei punti vendita, nella perdita di posti di lavoro, nell’impoverimento ulteriore di un’ economia territoriale. Crediamo che la pandemia mondiale in corso non abbia di per sé determinato la crisi dei punti vendita, ma abbia certamente accelerato le trasformazioni del mondo del retail, o di parte di esso, con un aumento significativo del ricorso, ad esempio, agli acquisti on line, asset nel quale parrebbe la multinazionale abbia investito consistenti risorse e intenda continuare nell’investimento, impoverendo i punti vendita e portandoli, di fatto, sotto la soglia economica di equilibrio. E allora se questo è il futuro dell’Impresa, questo il suo piano di sviluppo, si provi a gestire la transizione attraverso una riqualificazione del personale per ridurre, quanto più possibile, l’impatto occupazionale. Il concetto classico di negozio sta cambiando, velocemente, ma tali cambiamenti non possono sempre scaricarsi unicamente sugli Addetti alle vendite mettendo a rischio il proprio futuro, il proprio posto di lavoro. Non vorremmo inoltre, considerate anche le anomali e strane date di chiusura dei negozi comunicate dalla Direzione, siano manovre tese alla ricontrattazione dei canoni di affitto con i proprietari dei locali, Se così fosse, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad una Azienda multinazionale che opera con arroganza e disprezzo nei confronti delle persone, donne e uomini, ricondotte a meri numeri e formule matematiche, come fossero uno dei tanti prodotti che si può a proprio piacimento scartare, togliere dallo scaffale. Chiediamo di conoscere nel dettaglio il piano Industriale, chiediamo di sapere cosa voglia diventare Douglas Italia da grande, quale ruolo voglia avere sul nostro territorio. Quale è la Responsabilità sociale di una multinazionale che, a scapito di interi territori, a migliaia di chilometri prende decisioni guardando grafici e numeri e senza pensare alla vita ed al futuro delle donne e degli uomini che profitti hanno portato agli azionisti? Quale senso ha prendere a riferimento i mesi della pandemia (con le relative restrizioni dettate dai DPCM) per giustificare delle chiusure? Il coordinamento regionale, a conclusione, valuterà nei prossimi giorni, assieme alle lavoratrici ed ai lavoratori, le iniziative di lotta e di mobilitazione da intraprendersi a supporto della vertenza nazionale, richiederà a stretto giro un incontro urgente all’Amministrazione regionale e agli Enti Locali interessati dalle chiusure, provando a ricercare soluzioni alternative alla chiusura dei punti vendita o che ne riducano quanto più possibile l’impatto occupazionale, chiusure che appaiono come un segnale di lento ma inesorabile abbandono del territorio regionale da parte della multinazionale, multinazionale alla quale tanto il territorio ha dato negli anni, sia in termini di impegno e dedizione delle lavoratrici ma anche ,crediamo, di risorse pubbliche".