Pubblichiamo la seguente analisi del dott Fulvio ZORZUT Medico Epidemiologo - Specialista in Igiene e Medicina Preventiva
Il tasso di letalità apparente in Italia è del 11,8%, addirittura è del 15-16% in Lombardia, in base ai dai forniti dalla Protezione civile.
Ora, il tasso è assolutamente fuori scala. Facendo semplici confronti con Nazioni simili ed omogenee come ad esempio la Germania questo è dello 0,87%, in Corea del Sud è dello 1,59%, in Giappone è dello 2,8%, per non parlare della Cina, focolaio di partenza della pandemia, dove la letalità non supera il 4%, (tassi calcolati sui dati forniti dalla Johns Hopkins University).
Si possono fare delle ipotesi deduttive.
Sicuramente in Italia il fattore demografico è una criticità. Gli ultraottantenni, ad esempio, sono il 5% in Campania (la regione meno vecchia) d'Italia e il 12,2% in Liguria (la regione più vecchia).
E' intuitivo che, a parità del grado di diffusione del virus, alla Campania viene richiesto un minore sforzo sanitario per gestire l'epidemia, rispetto alla Liguria le cui strutture sanitarie, per quanto all'avanguardia, sono in crisi per problemi legati all'elevata numerosità di anziani residenti.
Per analogia la Cina, con età media molto più bassa, era ed è molto avvantaggiata rispetto all'Italia.
Questo è alla base della nostra maggiore vulnerabilità nei confronti di questa emergenza sanitaria che, oltretutto, richiede una crescente disponibilità di posti letto nelle terapie intensive. Il fatto che il Nord possa essere più organizzato ed efficiente, dal punto di vista sanitario, non compensa lo squilibrio demografico rappresentato da un'alta percentuale di residenti over 60 ed anziani istituzionalizzati in Casa di Riposo. Infatti li'78% dei decessi si concentra nelle fasce di età dai 60 anni in su.
Ma non basta!
Il Giappone ha una popolazione molto più anziana di quella italiana eppure viene rilevato un numero di decessi molto inferiore a quello italiano.
Si può, ragionevolmente, escludere una mutazione genica dell'RNA virale, infatti non ci sono riscontri di repliche virali maggiormente aggressive e per di più solo nel nostro Paese.
Il tabagismo, le pluripatologie, il clima, ipotesi avanzate da più parti sembrano insufficienti a spiegare il fenomeno.
Ed allora?
Il problema sta sicuramente nel denominatore degli infetti, che in Italia è calcolato esclusivamente sui soggetti tampone+ al Covid-19 e che, ovviamente, sono pochi rispetto agli infetti presenti nella popolazione generale.
Sui media si parla genericamente di asintomatici, ma è non così semplice. Ci sono anche i sintomatici lievi, di fatto circa il 75% degli infetti ha solo sintomi simil influenzali o neanche quelli e in molti casi sfuggono alle rilevazioni dei Medici di Medicina Generale e a maggior ragione non accedono neppure al Pronto Soccorso.
Bene, considerato che gli infetti sono almeno 10 volte tanto, rispetto a quelli individuati con i tamponi, ecco che il tasso di letalità plausibile scenderebbe al 1%.
Dato, tra l'altro, registrato anche sulla nave da crocera Diamond Princess, modello di studio casuale, ma perfetto, in quanto confinato e misurabile con certezza.
Quindi bisogna cambiare le modalità di conteggio, inserendo al denominatore anche le diagnosi presunte, in base solo ai sintomi clinici e non più solo in base ai tamponi, come accade già da decenni durante le annuali epidemie di influenza.
In Cina agli inzi di febbraio hanno fatto questa scelta.
Ma non basta ancora!
Chiarite quelle che sono le cause possibili dell'apparente elevatissima letalità per Covid-19 in Italia, riportandola entro limiti accettabili si verifica, probabilmente, una sottonotifica anche nel caso delle morti attribuite al virus.
E' molto utile, in questo senso, lo studio effettuato nel comune di Nembro, nella bergamasca dalla locale municipalità, sull'incremento dei decessi nel paese.
In questo piccolo centro, nel periodo gennaio-marzo, il dato delle morti era attestato, storicamente, sul numero di 35 decessi.