Il Rotary Club Trieste Nord restituisce alla città un raro elmo gladiatorio

Il Rotary Club Trieste Nord restituisce alla città un raro elmo gladiatorio

Restaurato un elmo gladiatorio dell’età repubblicana del 1° secolo a.C grazie al Rotary Club Trieste Nord. Si tratta di un reperto storico, unico nel suo genere, che data la sua rarità è stato richiesto dal Museo del Colosseo di Roma per un’esposizione dedicata ai Gladiatori. Di proprietà del Museo della Guerra per la Pace “Diego de Henriquez” attualmente è esposto nella sala romana del Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann”.

Il recente restauro ha consentito di ripulire in modo approfondito la superficie e gli interstizi del manufatto e la totale disidratazione e successiva stesura di un inibitore della corrosione e di un protettivo dopo l’incollaggio di un frammento staccato.

Il progetto di restauro è stato presentato la scorsa settimana nel corso di un incontro al Museo Winckelmann a cui hanno partecipato Giorgio Rossi, Assessore Politiche della Cultura e del Turismo del Comune di trieste, Marzia Vidulli Torlo, Direttrice del Museo d’Antichità “J.J. Winckelmann”, Emanuela Querini, restauratrice che si è occupata del progetto, e Massimo Pasino, Presidente del Rotary Club Trieste Nord, insieme a una rappresentanza del Club. 

L’Elmo in lega di rame con cresta squadrata risalente all’età repubblicana misura 30x32x36 cm e pesa 2 kg. Di forma avvolgente con ampia tesa per difendere le spalle, sulla calotta presenta un pettine sul quale venivano fissate grandi penne di vario colore, indispensabili per distinguere i gladiatori durante il combattimento nell’arena. 

L’elmo faceva parte dell’equipaggiamento del gladiatore detto “oplomaco”, armato anche di piccolo scudo rotondo, lunga lancia e pugnale e appartiene alla collezione del Civico Museo di Guerra per la Pace. 

Si tratta di un un manufatto autentico, fatto piuttosto raro, i musei infatti raramente possiedono armature autentiche dei gladiatori poiché erano oggetti preziosi conservati nelle scuole di gladiatura, restaurati ogni qualvolta venivano lesionati, o - se irrecuperabili - venivano fusi per usarne il metallo e rifondarlo successivamente. Solo a Pompei l’eruzione del Vulcano ha permesso il recupero di molte armature rimaste sigillate dai lapilli. Ad oggi no è noto come Diego de Henriquez se lo sia procurato ma è plausibile pensare provenga dal fiorente mercato antiquario clandestino da Pompei o comunque dall’area campana.