Guerre tra Venezia - Grado – Aquileia e Trieste: “In 80 anni fatti danni che nei precedenti 2 milioni prima”
Pubblichiamo dal lettore Sergio Lorenzutti
Prima di entrare nel vivo delle guerre dei veneziani corre l’obbligo di fare una panoramica della nascente Repubblica di Venezia con le sue contraddizioni e scorrazzamenti navali nel Mare Adriatico ritenuto essere il Mare Nostrum di Venezia fino al 1717.
524: Giustino imperatore di Bisanzio intercede presso Papa Giovanni per la costituzione di alcuni vescovadi tra cui quello di Trieste, di Capodistria, di Parenzo, ecc. Di Venezia non c’è traccia alcuna.
Il primo documento che parla di commercio degli schiavi con gli ottomani è del 748,
quando una pestilenza aveva sterminato nel Nord Africa quasi il 25% della popolazione. I questo contesto troviamo un mercante di nome Buono che compera dai veneziani schiavi slavi e norici che costavano meno di quelli musulmani e ne riempie 10 navi che portano da 60 a 211 schiavi l’una. Saranno venduti nei porti ottomani con un ricavo del 140%.
I mercanti franchi invece portavano schiavi dal nord/ovest del continente e li vendevano a Venezia. Può darsi che questa fosse la motivazione per coniare una nuova moneta franca nel 1184. Gli schiavi venivano scambiati con spezie, incenso, seta ed altri tessuti pregiati di fattura ottomana.
Nel 1319 l’Imperatore Andronico II° Paleologo scrive al doge lamentando il commercio di greci di Rodi e Cipro venduti dai veneziani come schiavi a Costantinopoli. C’era dunque in atto un mercimonio tra infedeli e cattolici e viceversa che mentre si combattevano per i loro traffici si aiutavano vendendosi reciprocamente gli schiavi, da mettere al remo delle loro navi a seconda di come andava il mercato.
Nei primi 3 secoli di vita veneziana su 26 o 28 duchi reggitori del territorio soltanto 10 morirono di morte naturale. Brutti tempi tumultuosi regnavano in laguna della Serenissima che poi non era tanto serena, nata e vissuta come ducato per alcuni secoli prima di diventare repubblica lagunare.
Nel 742 il centro del potere si era trasferito da Citanova a Malamocco.
Pippino figlio di Carlo Magno nel 810 muove guerra a Venezia ma una flotta bizantina lo sconfigge. Il nuovo doge filo bizantino Agnello Particiaco sposta nuovamente la sede del ducato da Malamocco a Rialto.
I santi protettori scelti dai veneziani saranno greci: San Teodoro e S. Mena. Anche i primi vescovi sono greci con residenza a Olivolo dove avverrà il ratto delle donzelle che vedremo più avanti.
Venezia nasce carolingia e non bizantina stando ai ritrovamenti archeologici sull’isola di Torcello e nella sua chiesa dedicata a S. Eufemia. Questi reperti sono datati IX secolo.
C’è una traccia che ci conforta, ed è del XI sec., da parte di Alessio I° Comneno Imperatore del Sacro Romano Impero di Costantinopoli che di fatto concede l’indipendenza del ducato veneziano da Costantinopoli. Pertanto sarebbe più opportuno fissare la costituzione del ducato veneziano nell’ anno mille ed attendere quasi 2 secoli prima di poter parlare di repubblica veneta. Un tanto per smentire la sua data di nascita forzatamente fissata al nono secolo come da festeggiamenti svolti recentemente in pompa magna.
Il titolo patriarcale transitò da Aquileia a Grado con l’invasione di Attila e poi con quella dei Longobardi di Alboino. Ogni volta il tesoro passava da una sede all’altra rimanendo sempre intonso.
589: l’Esarca di Ravenna assedia Grado e imprigiona il patriarca Severo ed i vescovi istriani che vengono accusati di eresia e portati in catene a Ravenna.
Siamo attorno alla metà del VI sec. quando avviene il misfatto del Patriarcato:
il titolo auto assunto di Patriarca da parte di Paolino 1°durante il papato di Elvio venne contestato da Papa Pelagio 1°che voleva levargli il titolo però senza riuscire nell’impresa. Paolino 1° menava credito di aver ricevuto dal Papa Elvio una lettera privata, non ufficiale, dove tra le varie cose stava scritto estemporaneamente la parola “ patriarca” senza nesso con il resto del testo. Un fatidico lapsus mentale? Di fatto Paolino si nominò Patriarca ed il suo vescovado divenne Patriarcato. Siamo all’epoca dello Scisma dei 3 Capitoli. Si potrebbe anche ipotizzare che Papa Pelagio 1° fosse lui ad aver scritto quella benedetta lettera ed accortosi dell’errore fatto voleva porvi rimedio scagliandosi contro Paolino 1° che resistette ad oltranza fino alla morte prematura del Papa. Poi nel corso del tempo l’uso del Patriarca e Patriarcato divenne prassi comune, finchè anche un Papa gli scrisse ufficialmente chiamandolo Patriarca. Ma l’atto formale di investitura non avvenne mai. Da un parroco di Grado mi sentì dire che era un problema di “usucapione”, come se per la chiesa cattolica fosse un diritto consolidato una consuetudine cioè una continuata furberia. Per prassi o consuetudine che dir si voglia, questo titolo privilegiato rimase in vigore tanto che il 3 aprile 1077 l’imperatore Enrico IV° eleverà il patriarca Sigerardo di Bellstein a Principe o Duca, la dicitura del titolo è di ambigua interpretazione . Il principato/ducato di Aquileia durerà fino al luglio del 1420 con il passaggio a Venezia sotto il Patriarca Principe Ludovico di Tek. Nel 1410 la Serenissima aveva conquisto definitivamente Grado ed il colpaccio era appunto di impossessarsi del titolo facendo diventare automaticamente il suo vescovo Patriarca di Venezia. Titolo fin dall’inizio de facto ma non de iure, solo per prassi invalsa.
Il Patriarcato di divise presto in 2, uno romano e l’ altro scismatico secondo Nestore ( Nestorio ) sovrano di Costantinopoli. Vedi scisma dei 3 Capitoli (Nestore, Ario e monofisisti che esistono ancora in Etiopia ) che non venne mai seguito da scomunica. Un paio di secoli dopo perse di importanza e non venne più perseguito.
Con la discesa dei Longobardi la cattedra da Aquileia si spostò a Grado per ovvi motivi di sicurezza come fatto in precedenza con la calata degli Unni.
Nel 627 colpo di scena: Fortunato patriarca a Grado si stacca da Roma e da Costantinopoli e scappa a Cormons con il famoso tesoro sotto la protezione dei Longobardi.
Un anno dopo Papa Onorio si lancia nell’avventura di spedire il suo chierico Primigenio ad Aquileia dove venne imposto quale patriarca di Aquileia con tutti gli onori ed incarichi metropolitani dei vecchi patriarchi. Questo è il periodo della cattedra in marmo regalata dall’imperatore Eraclio e dal Papa Onorio che ancor oggi si vede nella Basilica di Grado. Questa cattedra/trono di pietra dove siede il vescovo, era troppo piccola/stretta pertanto non venne mai rubata e la si può vedere a Grado nella basilica. La si spacciava per la Cattedra di San Marco. Un visibilio per l’umanità di allora che oggi viene chiamata cattedra di Elia.
Il tesoro è ancora intatto fino a Lupo duca di Cividale che nel 662 si piglia tutti gli oggetti di valore dal tesoro di Grado e se li porta a casa. Lascia solo gli oggetti di legno e di pietra tra cui il così detto trono di Elia.
Ci saranno 2 patriarcati in lizza: quello di Grado legato a Costantinopoli che alcuni vogliono iniziasse solo nel 731, e quello di Aquileia amico dei longobardi rientrato da Cormons.
698: Pietro di Pola Patriarca di Grado accetta le conclusioni del V° Concilio e torna alla comunione con il Papa. Cessa così lo scisma con Roma ma al contempo aumenta la spaccatura con il Patriarca di Aquilwia.
789: Carlo Magno conquista l’Istria meno le città di Pirano. Capodistria e Umago. Venezia decade da ogni potere sull’Istria che passa ai Duchi del Friuli mentre le 3 città restano bizantine
791: Cividale cambia nome, da Forum Juli diventa Civitas Austrie e Trieste e l’Istria diventano carolinge.
801: Carlo Magno dona al Patriarca Paolino i vescovadi di Pedena, CittanovaRovigno e Tarsatica ( Fiume ).
Nell’ 802 Venezia manda a Grado un figlio del doge che farà una politica filo franca che dura poco perché il doge Agnello Particiaco sostituisce il patriarca con un suo amico fidato.
804: troviamo il famoso e stracapito Placito del Risano dove i signorotti istriani e la città di Trieste si lamentano dei maltrattamenti e delle decime esose richieste dal Signore locale il Duca Giovanni che è presente, mentre presenzia Lotario II° figlio di Carlo Magno..
Oltre alle vessazioni pecuniarie lamentano pure quelle fisiche e lo stra potere dato alle popolazioni slave immesse nel territorio. Queste pascolano su terre coltivate dai locali e le arano per conto proprio cambiando anche le colture esistenti. Si appropriano dei boschi e del legname. Alla fine Giovanni ammette di esser più modesto nel richiedere balzelli ed altre pene pecuniarie, di trattare meglio le popolazioni autoctone e di lasciare gli slavi laddove essi non portano danno ai residenti ma di scacciarli qualora si intromettessero nelle coltivazioni e nei boschi già di proprietà. Li sposterebbe nelle zone non popolate, desertiche che in Istria e sul Carso non mancavano.
La località esatta dove venne firmato questo placito è Capris di Risano.
Questo apparentemente è il più antico documento attestante la presenza delle popolazioni slave in questo territorio. Era arrivate a seguito dei Longobardi.
Nel 822 anno del Concilio di Mantova la superiorità di Aquileia viene ribadita in quanto il suo Patriarca Massenzio era riuscito a commuovere Lotario, quello del Placito di Risano, a portar via ai vescovi istriani la sudditanza al Patriarcato di Grado mentre i loro obblighi di mare verso Venezia continuano.
844: Lotario e Lodovico concedono ai vescovi di Triestela giurisdizione sull agro di Trieste che va da Opchiena ( Opicina ) a Lonche ( Longera? ).
900: gli Ungari distruggono Padova e scompigliano il veneziano.
31 gennaio 932 è la data più accreditata per localizzare il Ratto delle Donzelle. 12 povere giovanette ogni anno andavano in sposa con una dote ricchissima offerta dal Doge e dai Tribuni della repubblica veneta. La cerimonia alla presenza delle alte cariche veneziane si teneva sull’Isola di Olivoli nella Chiesa di S. Pietro di Castello. La dote faceva gola a tanti pirati e malviventi. In questa occasione si ricorda che pirati slavi, istriani e triestini fossero presenti al rapimento ed al furto dei gioielli e ori. Il tutto, merce e ragazze vennero portati a Caorle dove ancor oggi esiste il Porto delle Donzelle a imperitura memoria del fattaccio. Pare che la parte del leone la facessero i triestini. Un paio di giorni dopo i veneziani imbufaliti fecero irruzione a Caorle recuperando le giovani e parte dei gioielli ed ori. I pirati vennero uccisi solo in parte perché molti scapparono con le imbarcazioni in direzioni diverse.
Il Comune di Capodistria riconosce l’obbligo di donare al Doge 100 orne di vino a riparazione del mal fatto dei suoi cittadini pirati.
Attorno al 1.000 Poppo o Poppone da buon patriarca rifarà battere moneta ad Aquileia e ci lascerà l’ abside della Basilica.
1027, 26 marzo: Corrado II già che è presente a Roma viene incoronato imperatore da Papa Giovanni XIX e consolida in Aquileia i diritti metropolitani di Grado che ritorna ad essere una chiesa di periferia. A Venezia non va giù il rospo perché si vede privata della “sua chiesa”. Tanto fa che nel 1053 il Papa Leone IX dichiara Grado e solo Grado sede patriarcale mentre Aquileia diventa Chiesa Primate del Friuli. Marango, novello patriarca si firma come Patriarca di Grado e Aquileia. Grado pretenderà di esser considerata la seconda chiesa cattolica al mondo dopo di Roma. Noi sappiamo che è Aquileia la seconda chiesa del cristianesimo dopo S.Maria Maggiore di Roma perché da qui partivano i missionari nel Norico e per i Balcani.
Agli inizi del 1.000 Poppone, carinziano, verrà incardinato Patriarca su ordine si Enrico II di Sassonia. Le Marche del Friuli e di Verona vengono così unite.
I Patriarchi di Aquileia, che il 3 aprile 1077, data di fondazione dello stato feudale del patriarcato, avevano assunto il grado di Duchi del Friuli, vanno a risiedere a Cividale. ( da qualche parte ho trovato che la carica era di Principe).
Enrico Dandolo che regnerà per 61 anni a metà XII sec. con la IV crociata conquisterà Costantinopoli divenendone Re di ¼ della metà del nuovo regno di Costantinopoli. Siamo nel 1204: i crociati, della IV crociata che erano senza un soldo, accettano dal doge la proposta di ricevere le navi necessarie. Alle navi venne aggiunta una grossa somma per il pagamento dei soldati. ma in cambio loro dovranno conquistare alcune città dell’ Adriatico: Ancona, Zara, Sebenico, Spalato e Dubrovnik (Ragusa) iniziando da Trieste che dovrà giurare fedeltà a Venezia. Lo slancio cristiano si arenerà spietatamente nel 1204 a Costantinopoli che soccomberà alla loro cattiveria, ignoranza e mancanza di rispetto di ogni regola della cavalleria tanto più che erano “fratelli” cristiani. Si fermeranno dopo aver distrutta la città, incendiato la preziosissima biblioteca strapiena di incunaboli, papiri e pergamene contenenti la storia antica. filosofia ed il sapere tradizionale della medicina, dell’astronomia/astrologia, dell’esoterismo e delle arti magiche, ecc. ecc. Ruberanno tutto quello che aveva valore. Si salvano solo 5 carte geografiche pirografate su pelle di bue, sono chiamate carte geografiche di PiRei, cioè dell’ ammiraglio Rei. A causa di una di queste pubblicata recentemente da uno studioso americano si scatena un finimondo dei Servizi dell’Aeronautica Militare USA che lo convoca nella base del nord del Canada. Il problema era capire da dove saltava fuori questa immagine che era la fedele fotocopia delle 2 isole dell’Antartide appena studiate con radar e onde ultraviolette, speciali sonar,ecc. Tali scoperte erano recentissime e le autorità militari temevano una fuga di notizie considerate ancora segrete. Lui spiegò che si trattava della pirografia dei primi del ‘500 dell’ Ammiraglio turco PiRei. La sorpresa senza risposta fu enorme considerando che ci sono oltre 3.000 metri di ghiaccio e neve sopra le 2 isole. Da qui iniziò lo studio di possibili slittamenti delle isole originariamente posizionate all’equatore ( parliamo di oltre 200 milioni di anni fa) ma comunque ciò implicava una conoscenza di informazioni antichissime precedenti alla presenza dell’uomo sulla terra, almeno per quanto ne sappiamo noi. Un bel enigma, vero? C’e della letteratura molto esaustiva al riguardo.
La IV Crociata alla fine renderà a Venezia la bellezza di 85.000 marchi in argento ed il titolo reale al Doge.
Intanto in Adriatico ci si dedica con cura all’arte della pirateria, ovviamente. Venezia reagisce alle svariate ruberie e sconfiggerà anche un pirata genovese che operava nel nostro mare; i pirati genovesi imperverseranno fino al 1217.
La città di Zara resistette all’assedio dei crociati e le sue navi sfuggirono ai crociati. Passato il pericolo, a cosa si dedicherà la città? Ma alla pirateria, ovviamente!
Grado ora è nuovamente nelle spire del potere di Roma e ciò non aggrada minimamente a Venezia che dichiara guerra commerciale e politica a Grado che vuole solo per sé. I Dalmati sottoposti agli ungheresi si danno al Papato bidonando Venezia che voleva prendersi la costa dalmata. Venezia cambia partner politico con il nuovo patriarca di Grado Pietro Badoer che sposta l’attenzione sul papato. Grado novellamente brilla di potere proprio filo veneziano e Venezia ha il suo patriarca a Grado sede metropolitana della laguna.
Qui nasce la tradizione del Martedì Grasso:
Il patriarca di Aquileia Ulrico di Treffen nel febbraio del 1162 tenta la conquista di Grado ma gli va male ed è fatto prigioniero con alcuni canonici. Federico Barbarossa intercederà per farlo liberare. La tradizione dice che dovette venir pagato un riscatto annuale consistente in 1 toro e dodici maiali grassi ( i canonici ). Il toro veniva decapitato ( il detto: tagliar la testa al toro deriva da questa tradizione ) ed i maiali venivano uccisi e cucinati. La loro carne distribuita al popolo il giorno di martedì precedente la fine del carnevale e l’inizio della quaresima. Dodici per ricordare i 12 apostoli e il toro per la persona di Gesù ucciso in croce.
1365: ad Aquileia troviamo Patriarca Marquardo di Randek che farà rfiorire Aquileia e il Friuli con Cividale in testa. Di lui abbiamo ancora il corpo centrale della basilica di Aquileia.
1410, ma secondo qualche ricercatore la data giusta sarebbe il 1420, Grado viene definitivamente conquistata dalla Serenissima.
Venezia a metà ‘400 inizia le sue avventure per terra ferma ma non si dimentica del mare poiché già nel 1358 sarà impegnata sia in Friuli sia in Dalmazia riconquistando Lesina, Trau, Curzola e Spalato ottenendo dedizione da Cattaro e Sebenico.
1431: si rasenta l’impossibile, la flotta veneziana viene trasportata a mano via terra per porre d’assedio a Milano e sconfiggere la flotta milanese del Lago Maggiore. Fu un flop micidiale. Ma 5 anni dopo ripetono l’esperimento in modo più soft ma senza risultati positivi. La seconda volta impiegarono ben 5 anni per superare le montagne immettendosi nell’Adige a Rovereto. Vennero sbaragliati dalle più piccole imbarcazioni che potevano maneggiare agevolmente negli spazi limitati del fiume.
1433: la Serenissima entra in guerra contro Sigismondo re d’Ungheria e del Sacro Romano Impero incoronato a Roma da Papa Eugenio IV° che è il veneziano Gabriele Condulmer . 2 anni dopo Francesco Foscari verrà nominato vicario imperiale su parecchie città venete.
Qui mi vien da ridere per la facilità delle nomine pontifice dell’epoca: Fantino Dandolo laico viene ordinato dal Papa come arcivescovo di Candia, così “tic tac” su 2 piedi e spedito a Bologna come legato papale.
1451: sia Grado sia Aquileia cessano di valere politicamente e religiosamente perché il Patriarca di Grado viene spostato definitivamente a Venezia, mentre sarà a Cividale che l’altro patriarca continuerà ad esistere fino al 1752 quando l’ultimo patriarca Daniele Dolfin chiamato Delfino sarà nominato da Maria Teresa Arcivescovo di Udine
1474: i veneziani capiscono che si devono armare sul mare con almeno 100 galee dopo averle prese di santa ragione a Negroponte ( isola di Eubea nell’ Egeo ) dagli ottomani. Si ricorda il detto: el mar iera come una foresta de alberi, no se vedeva più l’acqua. Tanti erano gli alberi della flotta turca.
Leggo una stranezza nel volume “Venezia” di Marzo Magno: Nel ‘600 i turchi impiegano schiavi provenienti anche dalla Polonia e Ukraina e Venezia cerca di trattenerli offrendo il soldo e se qualcuno rifiuta allora lo sbarcano a….?? dove pensate che lo sbarchino?? Ovviamente a Trieste!
E qui chiudo questa parentesi prettamente veneziana. Il prossimo capitolo riguarderà le invasioni della Serenissima a Trieste.
TRIESTE E LE GUERRE CON VENEZIA
Dal crollo dell’impero romano in poi ci fu il caos dei barbari calmato per 2 secoli dai Longobardi che si assimilarono alle genti della penisola italica. Trieste piccolina e non importante rimase fuori da queste tenzoni fino a che a Venezia non andò giù il fatto che Trieste aveva le saline che le mancavano. La Serenissima che si approvvigionava a Ravenna che non sempre era favorevole a Venezia che pretendeva sudditanza da noi per avere un sicuro e costante approvvigionamento di sale, sperando così di combattere il contrabbando del sale che a noi rendeva molto.
Il Codice Diplomatico dimostra chiaramente la volontà di Venezia di dominare il mare. Trieste aveva una posizione di prestigio: lontana dalle potenze marittime, dai centri di potere e ben riparata alle spalle dal territorio carsico brullo ed inospitale In sostanza un boccone appetibile tanto più che aveva le saline.
1139: Trieste gode di totale indipendenza ed autonomia essendosi dotata di una specie di consiglio comunale indipendente da Aquileia, Grado, Cividale e Venezia.
Nel 1202 il Dandolo impone a Trieste di giurare fedeltà a Venezia.
Ci sono anche segni di pace come i Capitolari promossi vicendevolmente dal Comune di Venezia ed il Comune di Trieste nel 1233.
Essi contemplavano gli scambi commerciali di Trieste con Venezia e nominalmente di Venezia con Trieste. Trattavasi di pellame anche caprino, di lana, specialmente di frumento da dare a Venezia con giuramento di fedeltà di Trieste a mantenere questi obblighi verso la stessa.
1341: Genova seguita questa volta da Venezia mette assedio a Tabriz ( oggi Persia/Iran nord/ovest ) L’anno dopo alla Tana sul Mar d’Azov un tal veneziano Andriolo Civran insultato da un nobile tartaro lo uccide infilzandolo come un pollo. I tartari del khan si scatenano contro i veneziani che fuggono a rotta di collo cioè a vele spiegate verso la genovese Caffa/Kaffa in Crimea dove Gengis Kahn portò la peste nera. Accolti vengono assediati ed i musulmani li fregano elegantemente gettando con le catapulte cadaveri di appestati. La città è in preda alla peste men che non si dica. I genovesi e veneziani tentano una sortita via mare e ce la fanno per disgrazia loro e di tutta l’Europa perché una volta arrivati nel porto sicuro di Messina un ratto bubbonato scende a terra ed impesterà tutta Europa con la peste nera che fino al 1352 porterà al cimitero un terzo della popolazione europea.
Nel 1348 la peste era arrivata a Venezia falciando un 40% della popolazione.
1362 – insorgono dispiaceri tra il Duca d’Austria e Trieste avendo egli interdetto il traffico delle merci attraverso i suoi Stati, A nulla valsero le preghiere dei Triestini né quelle del Re Ludovico d’Ungheria. Pare che il Duca fosse di mutevoli intenzioni il che non favoriva di certo i commerci, mentre Venezia con la sua forte moneta era sempre ben accetta anche a Trieste che era considerata città nemica.
1368 – ebbe inizio la prima di molte guerre di Venezia contro Trieste. Il Duca scese in campo con 10.000 pedoni e una forte schiera di cavalli ma sotto le mura dovette ritirarsi. Gli andò molto bene perché Venezia chiese ai triestini 75.000 zecchini. Una cifra enorme da noi versata con notevole sofferenza. Per l’epoca significava il valore che i veneti davano alla nostra città ed alle sue saline.
Nel 1373 Trieste si da ad Aquileia per non farsi beccare da Venezia ma questo connubio durò molto poco perché il Duca d’Austria da noi invocato venne in aiuto e questa volta fu Venezia a ritirarsi versando al Duca lo stesso importo da noi pagatole 5 anni prima, 75.000 zecchini.
Il 1379 vede la guerra della Serenissima contro Chioggia.
1381: è conosciuto per la Pace di Torino che ridimensiona le mene veneziane in terra ferma a favore degli Asburgo e sancisce l’indipendenza di Trieste..
1382: avviene la seconda ufficiale Dedizione di Trieste alla Serenissima Casa d’Austria nella persona del Duca Leopoldo II° chiamato allora Dux Austriae. Il Polcenigo eleverà ode a Leopoldo per l’acquisto di Trieste. Questo termine allora usato “ acquisto” non deve trarci in inganno perché si riferisce al possesso della città e non altro. In effetti il Duca Leopoldo non acquistò nulla ma accettò la dedizione di Trieste alla sua Casa. La data certa non è conosciuta, varia dal 20 al 30 settembre ma sicura è la data della prima stesura dell’Atto che è del 1° settembre 1382. A Trieste venivano richieste 50 orne di vino e 30 di olio ogni anno per godere della protezione del Ducato d’Austria.
In breve l’Atto recita così:
Noi Leopoldo…Duca d’Austria, Stiria e Carniola, Signore della Marca e di Pordenone, Conte di Absburgo, del Tirolo, di Ferrete e di Kiburgo, Marchese di Burgovia e di Treviso, Landgravio di Alsazia riconosciamo e confermiamo per Noi e per i nostri successori, che i nobili, sapienti e fedeli a noi direttissimi soprafatti dagli incarichi e dalle vessazioni costanti sofferte per i costanti cambiamenti di gestione, vista la prossimità dei nostri territori possiamo meglio di chiunque altro proteggerli e difenderli. Noi non venderemo la predetta città a nessuno, né persona fisica o morale dovendo essa rimanere in perpetuo inviolabilmente attaccata al Principato e titolo dei Duchi d’Austria. Potremo imporre dazi, mude ed imposte varie sulle merci in arrivo via mare o in partenza per mare ma non su quelle che rimarranno in città per le necessità della popolazione, come frumento, sale, vino,ed altri commestibili che ne saranno totalmente esenti. Solo il Vino Ribolla in esportazione sarà esente da dazi e mude. Gli animali spostati via terra saranno sottoposti a dazi e mude mentre quelli di proprietà dei triestini che rimarranno sul territorio saranno totalmente esenti dalle imposizioni daziali. ( Codice Diplomatico 1382)
Trieste inizia così la sua vita di emporio austriaco sul mare.
L’emporio lavorò molto bene durante la guerra del 1419 tra i Conti di Gorizia ed i Veneti avendo un entroterra aperto al centro/nord libero da attività belliche. La pace che ne seguì lasciò ancor maggior libertà di movimento delle merci in entrata ed in uscita dalla città.
1423 – si stipula un documento di reciprocità con Capodistria che era sotto l’egida veneta. Infatti Venezia muove novellamente guerra a Trieste e si riprende il dominio totale di Pirano, Capodistria, Isola e Muggia che avevano stipulato accordi commerciali con Trieste. Il Doge metterà in campo ben 20.000 armati con cavalli e flotta e guastatori e si riprende le cittadine della costa nord dell’Istria e anche Trieste mettendola sotto un tallone di ferro, riducendo alla fame nera i suoi cittadini. La pace verrà firmata ed il tormento mortale finirà per intercessione di Papa Pio II° già vescovo di Trieste, Silvio Enea Piccolomini del quale abbiamo il suo stemma sulla facciata di S.Giusto.
La Pace sarà dura perché favoriva Venezia dandole il dazio e dogana di Montecavo (Monte Spacà per i triestini ) che era la porta del Cranio con Trieste. E nel caso che i diritti doganali fossero di vecchia pertinenza dell’Imperatore sarà allora cura dei triestini rimborsarglieli. ( sic! bechi e bastonai!). Di più viene vietato ogni e qualsiasi commercio grande o piccolo del sale pena la distruzione delle saline e la perpetua condanna a non iniziarle in futuro. Il Comune dovrà emettere editto conforme.
Dopo qualche anno l’impero ritorna ma deve ottemperare alle clausole della pace.
1463: fu l’accresciuta potenza mercantile di Trieste ad aver provocato in questo anno una nuova guerra con Venezia, con conseguenti disastrose condizioni di resa. Federico III “interdisse ai triestini di intentarne un’altra contro il doge”, Ma Venezia ordinò lo stesso la distruzione delle saline, che rappresentavano la maggior ricchezza di Trieste e la devastazione del territorio fuori le mura.
1464 o 1465? Dipende dagli storici: su intercessione del Papa Pio II viene firmata una pace tanto che l’ Imperatore Federico III concede a Trieste il titolo di “città fedelissima” e lo stemma, quello per intenderci con l’ aquila di sopra e l’ alabarda di sotto.
1467: Venezia gioca sporco, con i suoi infiltrati mette in piedi un partito filo veneziano che espelle dalla città i triestini filo imperiali. Questi si ritirano a Duino il cui capitano, certo Nikla Luogar ovvero Nicola Luogar o Nicolò del Antro che era pure capitano di Vipacco e possedeva il famoso castello di Predjama. Con lui c’era anche il capitano von Dietrichstein.
La notte del Capodanno di quel anno qualcuno aprì la porta di Donota lasciando libero accesso ai militari, quasi 1.000 al comando dei 2 capitani ( ma ho trovato anche la cifra di 3.000 soldati ). I triestini ubriachi e gozzoviglianti vennero aggrediti ed uccisi al grido di”vigliacchi traditori volete darci in pasto a Venezia” e altre simili offensive si sentirono per le strade e case dove la mattanza ebbe il suo corso. La città fu saccheggiata e molte case vennero incendiate.
1468 ovvero l’anno della destruzion de Trieste: nel giorno 28 del mese di maggio Trieste ricorre di nuovo all’Austria per protezione dalla Serenissima firmando il così detto “Documento di abdicazione” che sarebbe una sorta di novella dedicazione all’impero ma con clausole più pregnanti. La città si dava totalmente all’imperatore abdicando ad ogni suo diritto e privilegio. Federico III come contropartita chiede la costruzione della fortezza a San Giusto dove stava un primo castello di scarsa importanza costruito in parte durante le occupazioni veneziane nel secolo precedente. I nobili ed i notabili vennero in massa portati nelle prigioni del castello di Duino. Si tratta di 12 personaggi famosi, quelli che facevano girare le ruote all’economia triestina tra cui i Bonomo ed i Burlo. Le loro case vennero svuotate di tutto quello che poteva servire ed avere valore. Alcune di queste vennero bruciate. I loro posti vennero occupati da altre famiglie filo imperiali.
Federico III se ne stava a Graz e a giochi fatti nominerà il Lougar Capitano della città al posto del Cernomel che probabilmente era stato lui ad aprire Porta Donota e ridurrà i diritti comunali. La fazione pro Repubblica di Venezia prende nuovamente il sopravento ed il 15 agosto Antonio Balsamo guida una nuova rivolta contro gli imperiali. Luogar è fatto prigioniero ed ottiene la libertà rilasciando i prigionieri tenuti nelle carceri del Castello di Duino. Luogar e il Diechtristein ritornano in armi a Trieste nell’estate dell’anno seguente, 1469. A San Giacomo ed in Ponziana ci furono gli scontri decisivi. I filo veneti sconfitti vengono imprigionati e la città sarà messa a ferro e fuoco un'altra volta.
Lougar cancellò le libertà comunali ed ordinò la ricostruzione delle mura fortemente guastate e diroccate. Federico III per non sbagliare nominerà un altro Capitano nella persona di Georg Tschernnembi. Di fatto i triestini faranno un gran maramao all’imperatore perché la costruzione della foretezza durò ben 170 anni fino al 1640 Un tanto per farci capire quanto essi desideravano spendere denari e fatica per portare a termine il comando ricevuto da Federico III.
1478:Il Capitano della Stiria emana un Ordine di lasciare libero il commercio alli Triestini perché sono anche essi austriaci (è la prima volta che riceviamo questa aulica definizione di appartenenza). Si ha la sensazione che l’anatema di Federico III sulla città sia dimenticata o passata nel cassettone della memoria perduta. 1483 – su intercessione dell’Imperatore il Principe Veneto ( il doge ) dà concessione alli Triestini di poter navigare l’Adriatico!
1486 – Viene dato il divieto ai triestini di attaccare o insultare li Veneti prendendo su di se l’Imperatore gli obblighi commerciali.
1489 – Federico III° impone che tutti i commerci per l’Italia debbano passare per Trieste.
1491 – Per Ordine di Federico si proibisce lo sbarco di vino a S.Giovanni di Duino proveniente dall’Istria, dalle Marche e dalla Puglia e non è ammesso il ferro che non provenga da Trieste.
1493 – editto che divieta l’ingresso negli Stati Austriaci di olio straniero che non sia passato dalla dogana di Trieste o di Duino.
1508 – Bartolomeo d’Alviano, capitano veneto, si accinge all’assedio delle ricostruite mura. I triestini memori della distruzione della città quasi 40 anni prima non ne vogliono sapere e aprono le porte a Bartolomeo affinchè non si mettesse anche lui a bombardare Trieste. Questa sarà finalmente l’ultima occupazione molesta della Serenissima. Due anni dopo nel 1510 per pace raggiunta altrove i veneziani si ritirano senza colpo ferire. Trieste è nuovamente libera sotto l’Impero Austriaco e Venezia non verrà più a farci male se non nel 1610 quando venne beffata dai triestini. Ma già nel 1518 la città chiederà a Massimiliano di aiutare materialmente la costruzione di un castello a difesa. In buona sostanza sti furboni de triestini trasformano un obbligo in richiesta di farlo fare al successore di Federico III°. La petizione inizia con una sviolinatura stupefacente: Sacratissimo, Invictissimo, Romanorum Imperatori semper Augusto, etc…domino nostro elementissimo. Ma si lamenteranno di non aver milizia in città per la sua difesa e di non aver ricevuto i 2.000 fiorini che le spettavano ogni anno. Che Trieste e Vienna siano le 2 città più importanti dell’Impero è un dato di fatto ma Trieste corre più rischi perché è prossima al mare. Coinvolgono anche il Vescovo. 1591 - gli ottomani riprendono a far guerra all’Austria e la cara Venezia si intromette a favore dei turchi iniziando una guerra contro la costa austriaca e gli Uscocchi. Un comportamento così irrazionale della Repubblica è difficile da spiegare.
1593, in previsione di ritorsioni austriache via terra, Venezia inizierà la costruzione della fortezza di Palmanova. Non come ci dicono che essa era dovuta come difesa contro i turchi che non scesero in massa nel nostro territorio ma fecero solo delle puntate fino a San Daniele e trovando il terreno quasi desertico se ne andarono verso Vienna..
Venezia estende il blocco navale lungo tutta la costa orientale del suo “mare nostrum”.
1600 tondo, tondo, Venezia vuole prendersi Trieste e Fiume, città austriache. Leverà il blocco di Fiume solo per permettere alle milizia papaline di raggiungere e sconfiggere i turchi che incendiavano l’interno
1610: a Venezia non basta mai, ora vogliono anche le saline di Zaule. Questo fu l’ultimo tentativo di Venezia di impadronirsi della nostra produzione del sale e del suo commercio. Si arrivò al punto che un Kg. di sale valesse uno di oro. Le famiglie patrizie triestine intanto continuano imperterrite a vendere sale da Ancona in giù fino alle Puglie, ma di più, con l’offerta di alti salari reclutano operai da Pirano e Muggia che sono della Serenissima. Il Senato veneto risponde con il blocco navale di Trieste con un presidio a terra in mano a mercenari albanesi e croati che sostano a Punta Grossa con a disposizione 2 navi da guerra.
Le 2 navi della Serenissima bloccarono di fatto il golfo e le sue truppe sbarcate a terra, a S. Dorligo della Valle a ridosso della Val Rosandra, le presero di santa ragione finendo in mare. La Storia ce la consegna come Battaglia di Zaula. I triestini gabbarono il blocco navale trainando, di notte, dalla riva 2 barconi carichi di sale fin oltre lo sbarramento navale all’altezza di Punta Grossa. Il traino avveniva di notte e di giorno le imbarcazioni erano coperte con ramaglie in modo da mimetizzarle. Le 2 galee venete non erano pratiche dei nostri fondali e per evitare spiacevoli incagli contro le rocce sottomarine si tenevano al largo. Una volta arrivati a Punta Grossa i nostri alzarono le vele e andarono a Chioggia e più a sud a vendere il sale.
Anche il nunzio apostolico Borghese-Caffarelli si esprime contro questa follia veneziana preconizzando un altra guerra tra Stati cattolici.
In Istria la carestia è diffusa, le malattie non mancano e pochi uomini validi son rimasti dopo i massacri subiti negli anni precedenti:
Pola viene definita dai rettori veneziani Città cadavere, Rovigno non ha più grano grazie alle attività degli Uscocchi, ovviamente. Muggia dipende dai “ Cranzi” così i muggesani definivano gli abitanti dell’interno montagnoso. Le granaglie arrivavano anche da Lubiana. Un bel problemone per la Repubblica veneta che non riceveva rifornimenti regolari dal mare causa l’attività frenetica di chi? Ma guarda caso dei soliti noti, i redivivi Uscocchi.
La guerra di Zaula è’ la goccia che fa traboccare il bicchiere. La Pace di Worms se ne è andata in fumo e la Contea di Gradisca ritorna al centro della disputa armata. In tutto questo trambusto muore il doge Memmo dopo soli 3 anni di regno. Il successore non si trova, 114 scrutini andati a vuoto prima di eleggere il soldato Giovanni Bembo che nel 1618 anno della sua morte vedrà concluso lo sterminio definitivo degli Uscocchi. La flotta veneta è spedita al sud a contrastare l’arrivo di quella spagnola accorsa in aiuto del parente austriaco. Da Palmanova usciranno 6.000 fanti e 3.000 cavalieri che conquisteranno Cervignano, Aquileia, Cormons e Sagrado. Ferdinando d’ Austria con l’appoggio del Papa e degli spagnoli rafforza l’esercito a Gradisca che diviene il perno della guerra
1612 - le truppe si radunano sulle alture da ambo i lati del confine, le scaramucce si susseguono ma la vera guerra non è ancora dichiarata. Nel ‘13 tutto si ripete ma qua troviamo un triestino Marcio Marchesetti che riesce a vendere 2 barche di sale al Collegio del Sale della Serenissima in barba a tutti i divieti.
Albanesi, istri, veneti, Uscocchi, croati e slavi vari si scontrano e rapinano tutto il contado dell’ Istria e nord Dalmazia. Ma la guerra ufficiale per fortuna dorme ancora.
Solo con Carlo V, a Trieste che doveva diventare un emporio marittimo, verrà concesso un presidio militare permanente sia di terra che di mare contro i pirati e Venezia. Dovrà avere un Arsenale. Tutte cose che verranno reiterate da Carlo VI duecento anni dopo che le ha fatte diventare operative. Così i triestini si illusero di poter navigare liberamente in Adriatico dove invece dopo la Pace di Cambrais Venezia ne uscì più vigorosa di prima: deteneva il monopolio della navigazione nell’ormai suo mare Adriatico.
Badate ben che la questione del Sale ce la portammo appresso fino a Maria Teresa che nel 1745 volle confermare i privilegi e le disposizioni fino ad allora emesse trale quali c’era il libero commercio del sale. Nel 1750 i triestini rispondono confermando l’aumento della annualità da pagare all’erario viennese a Fiorini 20.000. Importo che doveva coprire il mancato incasso della tassa sul sale che dovrebbe più o meno corrispondere al 4% del censo annuo. Nello stesso atto si comprende la preoccupazione dei triestini circa il commercio del loro vino che verrà defiscalizzato mentre i vini introdotti da fuori dovranno pagare il massimo dazio imponibile e ciò a “vantaggio del Pubblico triestino”.
Ma la storia continua fino alla metà del ‘700. Venezia non demorde dallo spionaggio e angherie varie normalmente fatte eseguire dal Podestà di Capodistria che faceva da foglia di fico per la Serenissima.
1756: Venezia obbliga il Podestà di Capodistria di non permettere la nuova planimetria del golfo di Trieste, vista dal mare, che era in corso.
1757: Venezia scrive al Podestà di Capodistria di intimare la restituzione di 2 marinai veneziani prigionieri e chiede informazioni su 4 nuove navi da 116 piedi in colomba.
1759: il podestà di Capodistria deve controllare tutto ciò che si muove a Trieste e sul mare e riferire subito al Senato veneziano. Venezia viene così informata del traffico di stoffe, sete e bombagia e dei 2 nuovi lazzaretti in lavoro a Trieste nonché dell’ interramento del canale della pescheria e dell’ apertura di altri 2 canali ( probabilmente quello grande e quello piccolo dei vini ed oli)o.
1773: a Trieste si tiene un processo contro il comandante di nave capodistriana che su ordine di Venezia aveva inseguito una nave triestina. Qualora non si presentasse sarà bandito dal territorio triestino.
Giacomo Casanova mandato a Trieste quale spia d’alto bordo informerà della vita cittadina il Doge degli Armeni. In pratica non fa spionaggio ma pettegolezzi.
Vista la decadenza totale della ex repubblica Signora dei Mari, il Senato veneziano pare si sia messo tranquillo dopo 5 secoli di guerre, invasioni e battaglie sui mari contro la piccola ed indifesa Trieste.
Fine.
Quante guerre solo in questo cantuccio dell’Adriatico, una sfilza infinita di via una e arriva la prossima e tutto per un pugno di sale. L’assurdità di questo vivere e morire per il sale è semplicemente deviante e ci da l’idea dell’inizio del capitalismo che viviamo attualmente dove il profitto prevale sulla vita, la salute, e lo sviluppo dei popoli del 3°, 4° e forse anche 5° mondo. Mi assale una tristezza ma spero nel futuro, che le prossime generazioni si sveglino e inizino ad incarnarsi nel mutamento dei costumi economici per la salvezza del pianeta che lasciamo loro in condizioni pietose. Però diciamocelo che in fondo siamo stati bravini, in 80 anni abbiamo fatto tutti i danni fondamentali che nei precedenti 2 milioni di anni non eravamo riusciti a combinare.