Alpini: Regione, valori "penne nere" radicati nella comunità friulana

 Nei valori degli Alpini è possibile ritrovare il senso della comunità friulana: il sacrificio, l'appartenenza, il rispetto per la patria, a volte anche a costo della vita, il rispetto per il prossimo e la comunità e la capacità di guardare al domani e di compiere sacrifici per esso.
 
È questo, in sintesi, il pensiero espresso dall'assessore regionale alle Finanze alla cerimonia commemorativa per l'anniversario della strage conseguente all'affondamento del piroscafo Galilea, svoltasi a Muris di Ragogna nei pressi del monumento ai caduti sul fronte greco albanese, sul quale sono riportati i nomi dei tanti Alpini del battaglione Gemona e le lapidi dei bersaglieri del Secondo Reggimento e quelle dei Carabinieri del Primo e del Ventunesimo Battaglione.
 
Ricordando quanti perirono nell'affondamento del Galilea, l'assessore ha evidenziato che il cappello alpino rappresenta la sintesi di valori importanti da trasmettere alle giovani generazioni, perché attraverso i racconti dei familiari e la documentazione possano farsi un'idea critica della storia e avere la consapevolezza di ciò che è necessario fare per essere cittadini migliori, soprattutto nella vita di ogni giorno. In un momento storico in cui molti principi sembrano vacillare si può guardare agli Alpini ricordando quanti, come i ragazzi del Battaglione Gemona, hanno versato il proprio sangue per la patria, ma anche l'impegno profuso quotidianamente dalle "penne nere" a supporto della comunità locale.
 
Il Galilea affondò nella notte del 28 marzo 1942, dopo essere stato colpito da un siluro inglese, al largo dell'isola greca di Antipaxos nel Mar Ionio. La nave era salpata da Patrasso alla volta di Bari e aveva a bordo 1.335 persone, oltre il doppio rispetto alla capienza consigliata, in gran parte alpini del battaglione Gemona, alcuni ospedali da campo della Divisione Julia, ma anche bersaglieri, carabinieri, militari in licenza, un centinaio di marinai e una sessantina di prigionieri, tra greci e italiani. I superstiti furono solo 279 di cui 205 alpini.