Rifondazione Comunista su rivolta al Coroneo: un grido contro le condizioni inumane

Rifondazione Comunista su rivolta al Coroneo: un grido contro le condizioni inumane

L“Trieste, detenuti in rivolta nel carcere di via Coroneo dal tardo pomeriggio di giovedì 11 luglio. (...) Secondo le prime testimonianze sarebbero cento i partecipanti alla rivolta, iniziata intorno alle 19.00. Alcuni detenuti si sono affacciati alle finestre e attraverso le inferriate hanno fatto cadere degli stracci incendiati. Urla dall’interno della struttura, sia dalla parte degli uomini che delle donne. Libertà, si sente gridare..." Questo è quello che siamo venuti a conoscere dalle agenzie, che segnalano altri momenti di tensione, in Regione FVG, nel CPR di Gradisca d'Isonzo, istituzione criminogena. 

   Si tratta di una situazione disumana, necessariamente destinata ad esplodere. Sappiamo, infatti, che nel carcere di Trieste "...ci sono 260 detenuti per 150 posti..." e  che "...da mesi c’è un clima di tensione (...), ci sono detenuti che dormono anche in 10 in una cella, anche vicino al water. Ci sono persone con problemi psichiatrici che dovrebbero stare da soli e invece sono in due in cella..." (così sostiene l'avv. Mascia, delegato della camera penale per il carcere). E' una situazione di estrema brutalità, di avvilimento della condizione umana e decisamente anticostituzionale se le pene, per la nostra Carta (art. 27), "non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". A Trieste, come altrove, non è così. Lo dice l'elevato numero di suicidi nelle prigioni italiane: 54, finora, nell'anno in corso (nel 2022 se ne registrarono 84; almeno 70 nel 2023). 13 morti, inoltre, nel caos del 2020 (dal 7 al 9 marzo), in piena emergenza covid: morti presto dimenticati, cancellati. 

   La crisi, qui a Trieste, è rientrata alle 23.00 di giovedì 11. C'è stata una soluzione -sembra- non violenta delle tensioni (si contano sei feriti), anche se la violenza è insita nell'istituzione carceraria. Se, inoltre, la Casa circondariale di Trieste è intitolata a Ernesto Mari, direttore del carcere di Trieste durante l'occupazione nazista, cosa può avvenire di buono tra quelle mura?Tanta violenza può essere, però, abbassata, da decisi interventi strutturali.           

   Rifondazione comunista pensa che si debba agire in una direzione che non sia quella della pura repressione; che il carcere debba essere umanizzato; e che forme alternative di pena debbano essere attuate. La giustizia, in Italia, continua invece a proteggere i "colletti bianchi" e ad essere garantista a senso unico: delinquenti della razza padrona vengono trattati come "prigionieri politici", anche se solo messi agli arresti domiciliari; mentre per gli altri si dovrebbe buttar via la chiave per sempre (frase che si sente sempre più spesso). 

   Il nostro garantismo è diverso da quello oggi purtroppo dominante, ed è indirizzato a tutte e a tutti "qualunque colpa sia" (come scrisse Erri De Luca). E' necessaria una svolta culturale e politica, anche in questo campo. Ora che la crisi -almeno a Trieste- sembra rientrata, occorre cominciare ad agire avviando riforme di struttura e ripensando alle prigioni con senso di giustizia per il tramite di concreti provvedimenti. Servono a questo, le "crisi", a segnalare ciò che è intollerabile. Ma dalle carceri si evince il tasso di civiltà di un Paese: quello dell'Italia è bassissimo.

A riferirlo Gianluca Paciucci PRC-Trieste