'Né guerra né armi': sabato presidio in piazza Unità a Trieste contro l'arrivo della portaerei "Trieste"

Foto di repertorio  [...]

'Né guerra né armi': sabato presidio in piazza Unità a Trieste contro l'arrivo della portaerei "Trieste"

Sabato 1 marzo alle ore 10.00, in piazza Unità a Trieste, si terrà un presidio promosso dal Coordinamento No Green Pass e Oltre per manifestare contro l'arrivo della nuova portaerei "Trieste" e la presenza delle autorità politiche e militari. L'iniziativa, dal titolo "Né guerra né armi nel nome di Trieste", mira a denunciare la crescente militarizzazione e la spesa destinata all'industria bellica, ritenuta in contrasto con le reali esigenze sociali del Paese.

"Malvenuto" alla portaerei e critica alle priorità politiche

Gli organizzatori contestano la celebrazione considerata una "vetrina" per la guerra, mascherata dall'immagine simbolica e "romantica" della nave scuola Vespucci. Secondo il comunicato del Coordinamento, "mentre si sostiene che non ci siano fondi per scuola, sanità e diritti sociali, vengono investiti miliardi in strumenti di morte". Il valore di una portaerei, affermano i promotori, sarebbe sufficiente a costruire 500 scuole e 50 ospedali.

Una protesta contro le logiche belliche globali

La manifestazione si inserisce in un contesto più ampio di dissenso verso le politiche di guerra globali. Gli attivisti accusano i principali attori internazionali - Stati Uniti, Unione Europea, NATO e Israele - di alimentare conflitti a livello mondiale. Viene criticata anche la politica italiana, con riferimenti diretti ai vertici istituzionali. "Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a queste scelte distruttive" - si legge nella nota.

Un appello alla città e alla coscienza collettiva

Il Coordinamento invita la cittadinanza a partecipare per ribadire un fermo "no" alla guerra e alla spesa militare, sottolineando l'importanza di investire in settori vitali come istruzione, salute e welfare. La protesta si propone come un momento di riflessione e opposizione a quella che viene definita "una deriva bellicista preoccupante".