Trieste, molestata in palestra: il racconto di una vittima che ha detto basta
Frequentare una palestra dovrebbe essere sinonimo di benessere, uno spazio dove allenarsi e scaricare lo stress. Ma per la nostra testimone, che chiameremo Chiara, quel luogo si è trasformato in un ambiente ostile.
Nel giugno del 2024, Chiara ha incontrato il suo molestatore: un uomo di 20 anni più grande, frequentatore abituale della stessa struttura. Quello che inizialmente sembrava un comportamento innocuo, sguardi e qualche complimento – è presto diventato sempre più invadente e inappropriato. “Io ti preferisco a tutte le altre, perché sei rara”, le ha detto. Parole che non lusingavano, ma la mettevano profondamente a disagio.
La pressione costante
Chiara non ha mai dato confidenza, non ha mai risposto a quelle avance. Saluti per educazione, null’altro. Ma lui vedeva quello che voleva vedere. Non si fermava mai, neppure davanti alla presenza di un’amica, anche se con lei era più cauto. Quando l’amica era assente, invece, superava ogni limite: baci sulla guancia, mani sui fianchi, commenti sull’abbigliamento e sui dettagli del fisico, come se tutto fosse normale. “Era spudorato, sempre di più – racconta Chiara – e alla fine è arrivato persino a cercare di controllare i miei orari in palestra. Voleva che ci accordassimo, e poi ha messo la cosa come un favore: ‘Vengo ai tuoi orari, ma in cambio mi devi un caffè’. Era tutto premeditato, un piano per vedermi fuori dalla palestra”.
Chiara ha cercato di evitarlo, cambiando orari, ma lui non si è fermato. Quando per caso si sono incrociati, lui ha reagito con sufficienza, scocciato per quella che interpretava come una promessa infranta. Poi, finalmente, ha smesso di frequentare la palestra.
La palestra in questione, insieme ai suoi collaboratori, ha fatto il possibile per proteggere la vittima, garantendole un occhio vigile sempre pronto a intervenire in caso di necessità.
“NON SIAMO NOI SBAGLIATE”
Le parole di Chiara raccontano la fatica emotiva di chi vive queste situazioni. “Mi sono messa a piangere. Mi sentivo sbagliata, ma parlando con altre ragazze della palestra ho capito che non siamo noi a doverci vergognare. È una mentalità retrograda che alcuni uomini si portano addosso”.
A Chiara è andata bene, ma il problema resta. Molestie, stalking e violenze contro le donne sono in crescita in Italia. Ci si chiede: saremo mai libere di sentirci al sicuro per strada, a casa, a scuola, al lavoro, e persino in palestra?
Una lotta che continua
Oggi, 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è il momento di riflettere e di ricordare tutte le vittime che non hanno avuto la possibilità di farsi ascoltare, che hanno subito in silenzio o che non hanno trovato il coraggio di denunciare. Pensiamo a Giulia Cecchettin, simbolo recente di una tragedia che purtroppo si ripete, e a tutte quelle donne che non sono più con noi, strappate alla vita per mano di chi diceva di amarle: l’ex compagno, il marito, lo stalker, il collega.
Dietro ogni nome c’è una storia, un dolore, un sogno interrotto. In questa giornata ci stringiamo idealmente a tutte loro, ma anche a chi lotta ogni giorno per sopravvivere a un clima di violenza e prevaricazione, perché la memoria deve trasformarsi in un monito, un grido collettivo per dire basta.
Non possiamo più accettare una società dove queste tragedie continuano a verificarsi: è nostro dovere fare rumore, alzare la voce e combattere per un mondo in cui ogni donna possa essere semplicemente sé stessa, libera dal peso di sguardi invadenti o mani che ignorano il significato di rispetto.
Perché il silenzio protegge i colpevoli. E noi, di silenzio, non vogliamo più sentirne.
NON SEI SOLA
Se ti senti in pericolo chiama il 112, numero di emergenza unico europeo.
Se preferisci avere una consulenza anti violenza e stalking chiama la rete nazionale antiviolenza 1522.
Se vuoi fare una segnalazione anonima puoi farla anche dall’app delle Polizia di Stato “Youpol”
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