Trieste, da questura numeri e allarme su violenza contro le donne: “Troppe storie ancora sommerse”
Nella mattinata del 24 novembre, alle 10.30, nella sala stampa della Questura di Trieste si è svolta una conferenza stampa dedicata alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. A prendere la parola sono stati il dirigente della squadra mobile dottor Alessandro Albini e la vice dirigente dottoressa Federica Esposito, che hanno illustrato il lavoro svolto dalla Polizia di Stato nell’ultimo anno sul fronte della violenza di genere, tracciando un bilancio delle attività di prevenzione e repressione e lanciando un forte appello alla responsabilità collettiva.
Un fenomeno strutturale che chiede risposte strutturali
Albini ha ricordato come la violenza di genere non sia più percepibile come un’emergenza episodica, ma come un problema «strutturale» che deve essere affrontato in maniera altrettanto strutturale. In questo quadro si inserisce la campagna della Polizia di Stato “Questo non è amore”, un progetto di sensibilizzazione rivolto alla cittadinanza per far emergere situazioni di maltrattamento e promuovere la cultura del rispetto.
Il dirigente ha parlato di un “bug” nel percorso educativo e culturale, là dove non si è riusciti a trasmettere in modo pieno il valore del rispetto reciproco, dell’accettazione della volontà dell’altra persona, della capacità di accettare il “no” come limite sano nelle relazioni. Secondo Albini, è proprio la difficoltà a riconoscere e accogliere il rifiuto a trasformarsi, in molti casi, in comportamenti persecutori e violenti.
I numeri: ammonimenti, braccialetti elettronici e omicidi in ambito familiare
Nel corso della conferenza sono stati illustrati alcuni dati che fotografano la situazione a livello nazionale e locale. Nel 2025, quando l’anno non è ancora concluso, in Italia sono già stati emessi oltre 7000 ammonimenti del Questore per casi riconducibili alla violenza di genere, mentre sono stati applicati oltre 5000 braccialetti elettronici anti-stalking disposti dalle autorità giudiziarie. Numeri che, ha sottolineato Albini, non vanno letti solo in termini quantitativi, ma vanno collegati alle singole storie di violenza, pressioni, minacce e insulti che ogni provvedimento porta con sé.
La dottoressa Esposito ha portato il focus sul territorio triestino: nel capoluogo giuliano, nel 2025, si contano circa 60 ammonimenti tra quelli emessi ai sensi dell’articolo 3 e dell’articolo 8, a testimonianza di un’attività di prevenzione che resta costante.
A livello nazionale, i dati del Servizio analisi criminale indicano che tra gennaio e settembre 2025 sono stati commessi 224 omicidi, di cui 73 con vittime di sesso femminile. Nello stesso periodo dell’anno precedente gli omicidi totali erano 255, con 91 vittime donne. Guardando nello specifico all’ambito familiare e affettivo, nel 2024 si registrano 122 omicidi, 79 dei quali con vittime femminili; tra gennaio e settembre 2025, i delitti in ambito familiare-affettivo sono 98, con 60 vittime donne. È un lieve calo numerico, ma, hanno sottolineato i funzionari, non sufficiente a far parlare di inversione di tendenza: i dati andranno letti su base annuale, e comunque confermano che il fenomeno resta «assolutamente odioso e tuttora esistente».
Formazione, ascolto e prevenzione: le sezioni specializzate e la Sala Dafne
Un’ampia parte dell’incontro è stata dedicata alla trasformazione interna della Polizia di Stato nell’approccio alla violenza di genere. Nel tempo sono state create sezioni specializzate all’interno delle divisioni anticrimine e delle squadre mobili, con personale formato ad hoc, in grado di gestire in modo più sensibile e professionale la relazione con le vittime.
Albini ha insistito sull’importanza dell’ascolto come momento centrale dell’intervento di polizia. L’obiettivo è raccogliere nel minor numero possibile di verbalizzazioni tutto ciò che la vittima ha da raccontare, evitando la vittimizzazione secondaria, cioè il trauma di dover ripetere più volte il racconto delle violenze subite davanti a interlocutori diversi.
In quest’ottica è stata realizzata la Sala Dafne, uno spazio dedicato all’interno della Questura di Trieste pensato per le audizioni di minori ma utilizzato anche con persone adulte. Un ambiente accogliente, separato dalle stanze operative tradizionali, che facilita l’apertura e la fiducia, aiutando le vittime – soprattutto le più giovani – a trovare le parole per descrivere quanto accaduto.
Le nuove forme di violenza: social, pedinamento elettronico e controllo digitale
Un altro elemento sottolineato dal dirigente della mobile è il cambiamento delle forme di violenza. Accanto alle aggressioni fisiche e psicologiche, oggi compaiono modalità nuove legate alla tecnologia: diffusione non consensuale di contenuti intimi, ricatti online, controllo tramite social media e pedinamento elettronico con GPS artigianali installati su auto o effetti personali.
Si tratta di condotte che solo pochi anni fa non erano quasi immaginabili, ma che oggi richiedono competenze specifiche e un forte coordinamento con la Polizia postale e con gli altri uffici specializzati. Anche su questo fronte la Polizia di Stato ha attivato percorsi di aggiornamento per riconoscere e contrastare tempestivamente queste nuove forme di persecuzione e controllo.
Il ruolo della rete: scuole, sanità, centri antiviolenza e cittadini
Sia Albini sia Esposito hanno ribadito che la Polizia da sola non basta. La risposta alla violenza di genere deve essere multidisciplinare: servono il contributo del mondo sanitario, dei servizi sociali, dei centri antiviolenza, dell’autorità giudiziaria, della scuola, dell’associazionismo e – punto centrale – dei singoli cittadini.
In questa rete rientrano anche gli strumenti a disposizione delle vittime e dei testimoni: dal numero nazionale 1522, che garantisce ascolto e anonimato, all’app YouPol della Polizia di Stato, che consente di inviare segnalazioni, anche anonime, su situazioni sospette o violente. È stata ricordata inoltre la possibilità per il Questore di emettere ammonimenti anche d’iniziativa, a seguito di segnalazioni che, una volta istruite, risultino fondate.
L’appello: segnalare, non voltarsi dall’altra parte
Un passaggio particolarmente forte è stato dedicato al tema del sommerso. Esposito ha sottolineato come molte situazioni emergano troppo tardi, quando prevenzione e repressione non possono più incidere in modo efficace. Da qui l’appello ai vicini di casa, ai colleghi, ai parenti, ai genitori dei compagni di scuola: «Se si è a conoscenza di litigi ripetuti, urla, segni evidenti di maltrattamenti, è importante segnalarlo».
Albini ha ricordato che controllo, privazioni, limitazioni delle spese, verifica ossessiva dei telefoni o dei conti correnti non sono espressione di amore ma segnali di un rapporto «tossico», non sano. Intervenire, fare una telefonata, utilizzare gli strumenti anonimi di segnalazione, ha spiegato, è un gesto di rispetto e civiltà, parte integrante di quella cultura del rispetto che deve diventare fondamento del vivere civile.
Un auspicio condiviso: dati in calo e una società più consapevole
In chiusura, il dirigente della mobile ha espresso l’auspicio che, tra qualche anno, chi siederà al suo posto in sala stampa possa presentare dati nettamente più bassi rispetto a quelli attuali. Un obiettivo che potrà essere raggiunto solo continuando a investire nella prevenzione, nell’educazione al rispetto, nella formazione degli operatori e in una rete sociale che non lasci sole le vittime.
La conferenza stampa in Questura, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, si è così trasformata non solo in un momento di rendicontazione, ma in un forte invito a riconoscere la violenza di genere come una questione che riguarda l’intera comunità, chiamata a scegliere da che parte stare.