Giorgi: 'Più grande delusione della mia vita? Maestra mi disse che San Nicolò non esisteva'

Giorgi: 'Più grande delusione della mia vita? Maestra mi disse che San Nicolò non esisteva'

A volte la magia non svanisce: si trasforma in memoria, nostalgia e sorriso. Sono passati 41 anni da quel 5 dicembre 1982, la data che Lorenzo Giorgi definisce “la più grande delusione” della sua vita. Un momento in apparenza banale eppure capace di lasciare un segno duraturo, perché non riguarda semplicemente regali, cassetti o segreti di famiglia, ma il confine sottile tra l’infanzia e la scoperta del mondo degli adulti.

Era in quinta elementare, alla scuola Ruggero Manna, quando la maestra Pia Smrekar comunicò ai bambini l’inesistenza di San Nicolò. Una frase detta in classe, una rivelazione apparentemente innocua, eppure per Lorenzo quel giorno cambiò tutto. Babbo Natale e la Befana erano già leggende accettate, ma San Nicolò no: era la festa più attesa, quella che portava i doni più belli, quella che iniziava la mattina del 6 dicembre puntuale come un orologio svizzero. La tovaglia rossa, la merendina, il chinotto lasciati la sera precedente e consumati nella notte, i giochi sul tavolo del soggiorno: erano piccoli riti pieni di meraviglia.

Il racconto si fa vivido quando il Lorenzo bambino, tornato a casa da scuola dopo la “rivelazione”, decide di cercare prove. Le trova subito, nascosti nell’armadio dei genitori: i regali che San Nicolò avrebbe portato quella notte. Un colpo al cuore che ancora oggi ricorda con precisione, definendolo una ferita piena di stupore, incredulità e un velo di tristezza. Eppure, nonostante tutto, quella sera preparò comunque la tovaglia e il chinotto. La mattina successiva i doni erano lì, la merendina mangiata, la bottiglia vuota. Fu l’ultimo atto di una magia che per anni aveva riempito la casa di luce.

Dal racconto emerge un pensiero che ribalta tutto: e se davvero San Nicolò esistesse? Magari impegnato, indaffarato, costretto a delegare mamma e papà per scegliere e sistemare i regali. Perché c’è una domanda che resta sospesa e insiste, dolce e ostinata: «Ai miei non piaceva il chinotto… eppure qualcuno lo beveva». Piccoli dettagli, piccoli misteri, piccole prove di una magia che forse non è mai sparita del tutto, ma che per tornare ha bisogno solo di un gesto: una tovaglia rossa, un bicchiere e un po’ di fiducia.

Ieri sera, racconta Lorenzo Giorgi, 5 dicembre 2025, quella tovaglia è tornata sul tavolo, insieme a una brioche e a una bottiglia di chinotto. Una scelta che non ha nulla a che vedere con l’età, con la razionalità o con le frasi delle maestre. È una dichiarazione semplice e potente: ci sono tradizioni che valgono sempre la pena, soprattutto se a tenerle vive siamo noi.