Burlo, ogni anno curati oltre 100 pazienti stranieri sprovvisti della copertura del pubblico
Sono pochi i Paesi del mondo nei quali i cittadini possono contare su un Servizio Sanitario pubblico, sostanzialmente gratuito, generalizzato e scientificamente avanzato, come avviene in Italia e accade, quindi, che persone, anche bambini, non possano, in quei Paesi, ricevere le cure necessarie. Per questo ospedali e Irccs come il Burlo si fanno spesso carico del ricovero e cura di pazienti stranieri in situazioni di oggettiva difficoltà e che non hanno una copertura del servizio sanitario nazionale.
In particolare l’Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico “Burlo Garofolo” di Trieste, porta avanti da decenni questa attività a favore di cittadini non italiani. Inaugurato nel 1856 con il nome di “Ospedale Infantile”, quando Trieste era ancora parte dell’Impero Austro-Ungarico, come Fondazione di beneficenza ospedaliera il cui obiettivo era di “assicurare gratuitamente ai fanciulli di poveri genitori adeguato asilo” e di accogliere e trattare “gratuitamente fanciulli d’ambo i sessi, realmente poveri, di tutti i culti, e affetti da morbi curabili”. Patrocinante dell’iniziativa assistenziale era la ricca e multietnica borghesia cittadina, desiderosa di esprimere anche concretamente il proprio impegno filantropico, e nel contempo sottolineare all’Imperatore il proprio coinvolgimento nella promozione dello stato sociale.
Da allora le cose sono cambiate, non esiste più l’“ospedaletto” (come affettuosamente lo chiamavano i triestini), ma esiste l’Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico (Irccs) che tratta bambini provenienti da molti Paesi europei ed extraeuropei e il cui personale è impegnato in attività assistenziali e di formazione anche all’estero.
Per poter operare nel rispetto delle norme e per garantire i diritti ai cittadini, l’Istituto ha organizzato in seno alla Direzione Sanitaria, l’Ufficio Cup e sviluppo sanità transfrontaliera che si avvale di una rete organizzativa che poggia su rapporti Ministeriali, Regionali, Uffici Consolari ed Ambasciate e l’attività viene sostenta da associazioni di volontariato e cittadini molto generosi presenti sul territorio Triestino ma anche associazioni estere.
«L’attuale contesto – spiega Barbara Fari, Responsabile dell’Ufficio competente per la sanità transfrontaliera – ci porta a ragionare su una situazione di grandi masse di popolazioni che si spostano per motivi di lavoro, di turismo, di studio, di fuga da guerre e persecuzioni e non ultima la ricerca di cure che non possono essere realizzate nel Paese proprio per mancanza di professionalità o di tecnologie idonee per il trattamento o dove non ci sono i soldi per finanziare cure adeguate»
Il Burlo, inoltre, rappresenta un polo di attrazione in quanto ospedale iper specialistico per la cura della madre e del bambino. Trieste, poi, si trova sulla rotta balcanica e molti medici hanno svolto la loro attività partendo dal Burlo facendolo conoscere nel mondo. Conoscenza amplificata anche dal passa parola di chi, venendo da ogni parte del mondo, a Trieste e al Burlo ha trovato la soluzione ai propri problemi di salute
L’accesso alle cure può avvenire in regime di urgenza tramite Pronto Soccorso (non bisogna, infatti, dimenticare che Trieste sta diventando sempre più una città turistica) oppure in maniera programmata, nel momento in cui si segnala un caso da trattare e per il quale esistono già finanziamenti in grado di garantire la copertura delle spese mediche e di supporto logistico. Negli ultimi anni l’emergenza ucraina e quella palestinese hanno messo il Burlo al centro delle vicende internazionali rappresentando un punto di salvezza per questi bambini gravemente mutilati dalle guerre.
Si ha così un’attività internazionale del Burlo molto significativa e impegnativa. Nello specifico, i dati raccontano che negli ultimi cinque anni, a parte gli anni della pandemia, il numero di pazienti stranieri che hanno ottenuto cure al Burlo è aumentato. Si tratta soprattutto di bambini con patologie oncologiche, chirurgiche, ortopediche e con sordità da trattare con impianti cocleari. Non mancano i casi neuropsichiatrici per il trattamento di epilessie resistenti o casi clinici complessi che richiedono un consulto e trattamento di alta specialità coadiuvati da consulenze e diagnosi genetiche. In numeri sono davvero importanti con 724 pazienti stranieri curati fra il 2019 e il 2024, dei quali 505 minorenni e 219 maggiorenni, con un totale di 1159 ricoveri (alcuni pazienti, infatti, hanno avuto più di un ricovero).
Nello specifico, i bambini arrivano soprattutto dai Paesi balcanici, ma grazie a due recenti convenzioni stipulate con la Romania e con il Kurdistan iracheno, anche per i bambini di quelle zone esiste un percorso dedicato di accesso all’Irccs triestino secondo regole definite. Inoltre, il Burlo è impegnato a sostenere la formazione del personale medico e infermieristico di quei Paesi con periodi di stage formativo presso l’Istituto in maniera da poter sviluppare competenze cliniche che garantiscano il miglioramento delle capacità professionali e la continuità delle cure in patria per le patologie a lungo trattamento. Sull’esempio di quanto fatto con Romania e Kurdistan iracheno, attualmente è in fase di definizione un protocollo d’intesa con l’Albania.
«Per il nostro Irccs, Ospedale al centro dell’Europa, questa attività rappresenta un impegno di grande valore sia dal punto di vista sanitario sia umano, un chiaro obiettivo strategico di mandato che ci siamo prefissati, per dare una risposta qualificata ai bisogni di salute di una popolazione pediatrica anche al di fuori dei confini nazionali – afferma Stefano Dorbolò, Direttore Generale dell’Irccs Burlo Garofolo –. Curare pazienti stranieri, soprattutto bambini, privi di una copertura sanitaria nazionale significa offrire loro una speranza concreta e accesso a cure altamente specializzate che, nei loro Paesi d’origine, non sarebbero possibili per mancanza di risorse o di competenze adeguate. Il Burlo serve un territorio amplissimo e senza confini: storicamente qui arrivano bambini considerati incurabili nei loro Paesi d’origine, dai Balcani, all’Africa, al Medio Oriente. Si tratta di un impegno organizzativo ed economico non indifferente- continua il Dg del Burlo -, che coinvolge tutte le professionalità del nostro Istituto e che viene portato avanti con dedizione e senso di responsabilità. Questo lavoro permette non solo di salvare vite, ma anche di costruire ponti di solidarietà e collaborazioni internazionali, rendendo il Burlo un punto di riferimento a livello globale. Le Onlus hanno permesso, su numeri consistenti, di cambiare la vita a bambini oncoematologici o con malattie molto complesse provenienti da tutto il mondo – sottolinea il Direttore Generale Dorbolò–. La capacità di attrazione internazionale ci ha consentito di mantenere una curva di apprendimento elevata e di gestire livelli di complessità che altrimenti non sarebbero stati così scontati. Siamo anche profondamente grati – conclude Dorbolò – ai volontari e alle onlus nazionali e internazionali. Il loro supporto, fondamentale per sostenere logisticamente ed economicamente questa attività, ci permette di proseguire con determinazione la nostra missione di cura, garantendo ai bambini più fragili la possibilità di guardare al futuro con maggiore serenità».