Scoperta eccezionale nel Timavo, medusa aliena nelle acque sotterranee grazie ai ricercatori triestini
Una scoperta scientifica di grande rilievo porta nuovamente Trieste al centro della ricerca internazionale: è stato individuato il DNA di una medusa d’acqua dolce di origine asiatica, Craspedacusta sowerbii, nelle acque sotterranee del fiume Timavo. Il ritrovamento è frutto di un lavoro congiunto tra l’Università degli Studi di Trieste, la Società Adriatica di Speleologia (SAS) e il Civico Museo di Storia Naturale di Trieste.
Il campione di acqua è stato prelevato all’interno della grotta Luftloch, esplorata recentemente dalla SAS, grazie all’impegno dei suoi speleologi. Le analisi sono state coordinate dalla dottoressa Chiara Manfrin e condotte utilizzando una metodologia d’avanguardia: il DNA ambientale (eDNA), tecnica che consente di identificare le tracce genetiche lasciate dagli organismi nel loro habitat naturale, anche in assenza di osservazioni visive dirette.
«Filtrando l’acqua possiamo rilevare tracce genetiche lasciate dagli organismi, individuando così specie difficilmente osservabili», spiega la dottoressa Manfrin. I risultati hanno confermato la presenza del DNA della medusa aliena Craspedacusta sowerbii, originaria della Cina, innocua per l’uomo ma i cui effetti sull’equilibrio degli ecosistemi carsici sono ancora oggetto di studio.
Non si tratta della prima segnalazione di questa specie nelle acque del Reka-Timavo: già nel 2016, il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, attraverso i lavori di Nicola Bressi e Andrea Colla, aveva documentato la sua presenza, ma ora la conferma genetica rafforza ulteriormente l’ipotesi di un insediamento stabile della specie nel complesso sistema carsico.
La scoperta è stata presentata pubblicamente nel corso del convegno SPELEO25, che si è svolto a Gorizia, alla presenza di numerosi esperti del settore. Il presidente della SAS, Marco Restaino, che insieme a Raffaele Bruschi aveva effettuato i prelievi nella Luftloch a quasi 300 metri di profondità, ha espresso la propria soddisfazione per i risultati raggiunti.
Grande l’apprezzamento anche da parte di Massimo Zanetti, direttore del Servizio geologico regionale: «Scoperte come questa sono rese possibili dal continuo sostegno che la Regione Friuli Venezia Giulia garantisce alle associazioni speleologiche. L’attività speleologica rappresenta uno strumento prezioso anche per la conoscenza e la tutela delle risorse idriche sotterranee, un patrimonio strategico per il nostro territorio».
Questa importante ricerca non solo accende i riflettori sul fenomeno della diffusione di specie aliene negli ambienti ipogei del Carso, ma sottolinea anche il ruolo determinante della speleologia e della cooperazione scientifica nella protezione della biodiversità e nella gestione responsabile delle risorse naturali sotterranee.