Morti sospette a Trieste, Vincenzo Campanile condannato a 15 anni e 7 mesi
La Corte d'Assise di Trieste ha condannato Vincenzo Campanile, l'ex medico anestesista del 118 accusato di aver ucciso a Trieste nove anziani con iniezioni di potenti sedativi durante interventi di soccorso domiciliare, a una pena di 15 anni e 7 mesi di reclusione. Campanile è stato ritenuto colpevole di omicidio volontario. Inoltre è stato condannato per falso in atto pubblico per sette imputazioni su nove, in quanto le altre due sono state dichiarate prescritte. Il professionista e l'Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina (Asugi) sono stati condannati in solido al risarcimento dei danni in favore dei congiunti delle vittime che si sono costituiti parte civile, con causa da promuovere davanti al giudice civile per la conseguente liquidazione. Sono stati inoltre condannati in solido a pagare le spese di difesa di costituzione parte civile. Campanile è stato anche interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e interdetto dall'esercizio di professione medica per cinque anni.
I decessi risalgono al periodo tra novembre 2014 e gennaio 2018; gli anziani, tutti con patologie, avevano tra i 75 e i 90 anni. L'indagine era partita in seguito alla morte di Mirella Michelazzi, soccorsa a gennaio 2018 in una casa di cura. In quell'occasione il medico aveva somministrato il Propofol e i colleghi avevano segnalato il caso all'Azienda sanitaria. Da lì l'apertura dell'inchiesta. Gli inquirenti erano quindi risaliti ad altre otto morti sospette. Oggi in aula era presente anche l'imputato. "Siamo un po' scossi, perché" la sentenza "era un po' inattesa", ha affermato Alberto Fenos, avvocato difensore di Campanile assieme a Manlio Contento. "E' stato un processo molto difficile, complicato - ha osservato l'avvocato di parte civile Antonio Santoro, che rappresenta le famiglie di quattro vittime - in queste aule sono passati molti testimoni, tanti medici. La Corte di Assise si è vista dover fare valutazioni anche a carattere scientifico. Per tutti i capi di imputazione, a eccezione di due falsi in cartella clinica, che sono stati dichiarati prescritti, c'è stata la condanna. Sicuramente le difesa presenterà appello e poi i parenti delle vittime, se la sentenza verrà mantenuta, potranno rivolgersi al giudice civile per vedersi risarcire il danno". "E' stata lunga - ha aggiunto Fulvio Braico, figlio di una delle vittime - la verità processuale è importante perché non succeda di nuovo. Se si è stati condannati vuol dire che c'è una grande verità. Mia madre sarebbe potuta sopravvivere". Nel processo, l'Azienda sanitaria è sia parte civile che responsabile civile (ANSA). FMS