Anpi: «Inconcepibile l'archiviazione dell'apologia di fascismo commessa a Gorizia»

«Gip presso il Tribunale di Gorizia ha archiviato il procedimento scaturito dalla denuncia contro una commemorazione - tenutasi presso il Municipio di Gorizia nel gennaio 2018 - in cui venivano esposti stendardi e simboli della X Mas e diffuso l'inno, e contro i reiterati saluti romani da parte del consigliere comunale Fabio Gentile». Lo rileva in una nota la segreteria nazionale Anpi

«La commemorazione - ancora - riguardava i deportati dipendenti del Comune di Gorizia e non i militi della X Mas. Per questo è palesemente errato il testo della motivazione ove si afferma, a proposito di tale commemorazione, che si trattava di una riunione autorizzata “finalizzata unicamente a rendere omaggio a dei soldati morti oltre settant'anni fa”. Le motivazioni: l'inno della X Mas “non contiene alcun riferimento al movimento fascista o a ideologie razziste o totalitarie”. La X Mas - responsabile di indicibili crimini - combatté a fianco e a sostegno dei nazisti assieme ad altre formazioni fasciste contro i partigiani sloveni e i partigiani italiani, che lottavano per la liberazione di quel territorio dall'occupazione militare tedesca. Fu il caso italiano più eclatante e spregevole di collaborazionismo con Hitler. La motivazione dell'archiviazione appare perciò pretestuosa».

«Il giudizio - conclude la nota - , poi, in base al quale il “saluto romano con cui il consigliere Gentile è solito rispondere all'appello in consiglio comunale” rivestirebbe “il carattere di un gesto folcloristico” contrasta con l'evidenza dei fatti, che confermano una sbandierata propaganda del fascismo attraverso atti simbolici illegali: ricordiamo che la sentenza 21409 del maggio 2019 della Cassazione ha confermato che è reato ostentare il saluto romano. Il provvedimento del Gip di Gorizia è perciò davvero inconcepibile. Occorre viceversa stigmatizzare, isolare e perseguire a termini di legge i responsabili di comportamenti apologetici per tutelare i principi basilari del nostro vivere democratico».