Sanremo 2025: il pagellone su Carlo Conti e un Festival fin troppo perfetto

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Sanremo 2025: il pagellone su Carlo Conti e un Festival fin troppo perfetto

Sanremo 2025: il pagellone su Carlo Conti e un Festival fin troppo perfetto

Carlo Conti è l’usato sicuro della televisione italiana, il professionista che non sbaglia un colpo, il volto rassicurante che tiene tutto sotto controllo. E infatti ha portato a casa il suo Sanremo con la precisione di un orologio svizzero. Puntuale, istituzionale, mai sopra le righe, sempre educato. Ma è proprio questo il problema: Sanremo è anche spettacolo, e Conti, con il suo stile garbato e compassato, rischia di renderlo un’operazione troppo prevedibile. Manca il guizzo, manca l’imprevisto, manca la scintilla. Il Festival, con lui, fila liscio come liscio è il suo stile di conduzione. Un Sanremo da manuale, ma senza anima.

Voto: 7 – Perfetto, ma senza brivido.

 

Carlo Conti, il direttore artistico che non rischia

Conti ha sempre avuto un’idea chiara di Sanremo: deve piacere a tutti. E per riuscirci, ha costruito un cast che tiene insieme il pop più mainstream, il rap addomesticato, qualche tocco indie e gli immancabili veterani della musica italiana. Tutto bilanciato con precisione chirurgica, senza sbavature, senza vere sorprese. La vittoria di Olly è la perfetta sintesi di questo approccio: un artista giovane, perfetto per i social, ma con una canzone che non ha il peso specifico di una vera hit generazionale.

E poi c’è la sensazione che il Festival, così com’è stato pensato, sia più una playlist ben confezionata che un evento musicale con una sua identità. Un Festival che non scontenta nessuno, ma proprio per questo non lascia il segno.

Voto: 6,5 – Troppo equilibrio, poco coraggio.

 

Sanremo 2025: il Festival che non sorprende

Sanremo è sempre Sanremo, ma quest’anno lo è stato più per inerzia che per reale innovazione. La macchina organizzativa ha funzionato alla perfezione, gli ascolti sono stati buoni, le polemiche il giusto necessario per tenere alta l’attenzione. Ma cosa resterà di questa edizione? Qualche momento emozionante, qualche canzone che farà il suo corso sulle piattaforme, ma nessun evento che abbia realmente scosso il Festival.

L’impressione è che Sanremo sia ormai un meccanismo talmente oliato da aver perso il rischio. Funziona, certo, ma lo fa con il pilota automatico inserito. E senza rischio, senza un vero momento di rottura, Sanremo rischia di diventare solo un gigantesco varietà musicale, dove tutto è già previsto e tutto scorre via senza lasciare traccia.

Voto: 6,5 – Un Festival ben fatto, ma senza anima.
 

PAGELLE A CURA DI FRANCESCO VIVIANI

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