"Eravamo felici": una foto, una frase e quattro Natali senza risposte per Seba
Eravamo felici. Due parole soltanto, affidate ai social da Sebastiano Visintin, accompagnate da una fotografia che oggi pesa come un macigno. Un’immagine luminosa, scattata in Piazza Unità d’Italia, che ritrae Sebastiano e la moglie Liliana Resinovich sorridenti, mano nella mano, in un tempo che sembra lontanissimo. Un tempo in cui tutto era ancora normale.
Quel post, pubblicato a ridosso del Natale, non è solo un ricordo personale. È un pugno allo stomaco per una città intera. Perché Liliana Resinovich è scomparsa da ormai quattro anni e, nonostante indagini, ipotesi e parole spese, la verità su ciò che le è accaduto non è ancora arrivata.
Una felicità congelata in uno scatto
Nella fotografia condivisa da Sebastiano Visintin non c’è dolore esplicito, non c’è rabbia. C’è qualcosa di ancora più lacerante: la normalità. Due persone serene, vestite in abiti tradizionali, immerse nella bellezza del centro di Trieste, inconsapevoli di ciò che sarebbe successo. È proprio questa normalità a colpire, perché racconta ciò che è stato tolto senza spiegazioni.
Il Natale, per sua natura, è il tempo dei ricordi, delle famiglie, delle assenze che fanno più rumore del resto dell’anno. E quella frase, “Eravamo felici”, sembra sospesa tra ciò che è stato e ciò che non è più tornato.
Quattro anni di domande senza risposte
Liliana Resinovich è scomparsa e, da allora, Trieste convive con una ferita aperta. Un caso che ha attraversato stagioni, governi, titoli e dibattiti, ma che ancora oggi non ha restituito una risposta definitiva. Il tempo passa, ma il vuoto resta. E ogni Natale riporta con sé la stessa domanda, sempre più pesante: com’è possibile che una storia così non abbia ancora una verità chiara?
Il post di Sebastiano non accusa, non grida. Ma proprio per questo è potentissimo. È il racconto silenzioso di un uomo che continua ad abitare un’assenza, mentre intorno la vita va avanti.
Una città che non può dimenticare
Trieste è una città che custodisce la memoria, anche quando fa male. E il nome di Liliana Resinovich non è mai uscito davvero dal cuore dei triestini. Ogni anniversario, ogni immagine, ogni frase riaccende l’attenzione su una vicenda che non può essere archiviata come un semplice fatto di cronaca.
Quel post natalizio non è nostalgia. È una richiesta implicita di giustizia, di chiarezza, di rispetto per una donna scomparsa e per chi è rimasto.
Il Natale dell’attesa
Mentre la città si illumina e le famiglie si riuniscono, c’è chi vive il Natale come un tempo sospeso. Per Sebastiano Visintin, come per molti altri, le feste non cancellano il dolore, lo rendono più visibile. Perché il Natale, senza verità, è una luce che non scalda.
E quella foto, oggi, diventa un simbolo. Non solo di una felicità perduta, ma di una verità che ancora manca.