Garlasco, il DNA sotto le unghie di Chiara Poggi divide gli esperti: confronto serrato a Quarto Grado
Nel nuovo capitolo dell’inchiesta sul delitto di Chiara Poggi, al centro della puntata di Quarto Grado su Retequattro, è stato approfondito un tema tecnico e cruciale: è possibile attribuire il DNA trovato sotto le unghie della vittima a un soggetto preciso? Un interrogativo che ha visto protagonisti due genetisti di fama: Francesco De Stefano e Carlo Previderè.
Nel 2014, De Stefano fu perito della Corte d’appello che condannò Alberto Stasi. In quell’occasione analizzò il materiale genetico raccolto dalle unghie di Chiara, sostenendo che non fosse possibile trarne una comparazione attendibile. "Era impossibile immaginare un’identificazione", ha ribadito anche nel recente approfondimento.
Una tesi che non coincide con quella di Carlo Previderè, consulente della Procura di Pavia durante l’indagine su Andrea Sempio. In una relazione di 61 pagine, quest’ultimo ha sostenuto che i medesimi dati ottenuti da De Stefano potevano essere comparati con il DNA del giovane.
Cromosoma Y e aplotipi: un’interpretazione divergente
Al centro del confronto, il metodo di analisi utilizzato: l’esame del cromosoma Y, utile a identificare il DNA maschile. Le reazioni impiegate hanno prodotto un aplotipo incompleto: dodici numeri su sedici compatibili con il profilo genetico di Andrea Sempio. Ma per De Stefano questo non basta per una identificazione certa, poiché quei valori sono comuni a centinaia di individui.
"Stiamo parlando di un cromosoma Y e di un aplotipo monco", ha affermato con fermezza, sottolineando che i risultati delle tre reazioni eseguite su dita diverse erano stati combinati “in colonna”, senza che nessuna confermasse l’altra. Secondo De Stefano, si tratta di un procedimento arbitrario e privo di validità scientifica.
Il confronto con la tabella del 2017: supporto forte o forzatura?
Previderè, invece, ha attribuito ai dati ottenuti un valore probatorio da "moderatamente forte a forte" a favore dell’ipotesi che il campione potesse appartenere a Sempio. Una posizione definita "avventurosa" da De Stefano.
Quarto Grado ha mostrato anche una tabella elaborata nel 2017 dai consulenti della difesa di Alberto Stasi, condivisa da Previderè, che comparava i profili con quello di Sempio (codificato come CT 2811). Ma De Stefano ha contestato anche questa metodologia: “Ricostruire un aplotipo prendendo un risultato da un dito e un altro da un'altra prova è per me una forzatura”.
Contatto o contaminazione? L’ipotesi alternativa
Secondo De Stefano, se Chiara avesse realmente graffiato il suo aggressore, il materiale genetico recuperato sarebbe stato ben più consistente. Da qui l'ipotesi alternativa: il DNA ritrovato sarebbe frutto di una contaminazione ambientale, un fenomeno noto come Touch DNA.
“Il DNA può trasferirsi anche dopo molto tempo”, ha spiegato, facendo riferimento a concetti ormai noti in genetica forense. “Quando si dice che ci sono caratteri compatibili con quelli di una persona, si dice la verità, ma quegli stessi caratteri possono esserlo anche con altri”, ha concluso, ribadendo la validità delle sue analisi del 2014, pur accettando che le tecniche oggi possano essere più avanzate.