Bar pieni ma servizio lento: l’allarme di Rebek sulle attese infinite per un semplice caffè (VIDEO)

Bar pieni ma servizio lento: l’allarme di Rebek sulle attese infinite per un semplice caffè (VIDEO)

Se da un lato la città piena è un segnale di vitalità e di buoni affari, dall’altro porta a galla alcune fragilità del sistema della ristorazione. Stefano Rebek, durante la diretta dell’8 dicembre, ha parlato apertamente di un problema che ha notato negli ultimi giorni girando per i locali del centro: le attese molto lunghe per ordinare e ricevere anche solo un caffè o un aperitivo.

L’opinionista ha raccontato di aver fatto diversi giri in bar e locali del centro, in orari differenti tra mattina, pranzo e pomeriggio, e di aver riscontrato una costante: si aspetta troppo. Non si parla di ristorazione completa con tempi fisiologicamente più lunghi, ma di semplici consumazioni al banco o al tavolo che finiscono per occupare gran parte del tempo libero a disposizione.

Un quarto d’ora per ordinare, mezz’ora per essere serviti

L’esempio che Rebek porta è chiaro. Se una persona ha a disposizione un’ora per una pausa, e per ordinare un caffè impiega un quarto d’ora, per poi riceverlo dopo altri venti o trenta minuti, significa che quasi tutto il tempo libero viene assorbito dall’attesa. È un meccanismo che rischia di trasformare quello che dovrebbe essere un momento di piacere e relax in una fonte di frustrazione, soprattutto per chi ha ritmi di lavoro serrati e pause limitate.

La città piena, i bar pieni e i tavoli occupati sono, di per sé, un’ottima notizia. Il nodo, però, sta nella capacità di gestire questo flusso, evitando che l’eccessiva lentezza finisca per scoraggiare i clienti, rallentare i consumi e, in prospettiva, incidere negativamente anche sugli incassi.

Personale insufficiente, poca formazione o organizzazione da rivedere?

Rebek non punta il dito contro i singoli esercenti, ma apre una riflessione più ampia. Non è ancora chiaro, sottolinea, se il problema sia la difficoltà a trovare personale, la mancanza di formazione, l’assenza di figure adeguate o una combinazione di questi fattori. Quel che è certo è che nei giorni più intensi, bar e locali sembrano faticare a raggiungere la velocità di servizio necessaria.

L’opinionista ha osservato i lavoratori dietro al bancone e in sala e ha precisato di non aver visto nessuno “perdere tempo” o “cazzeggiare”. Anzi, ha avuto la sensazione che tutti fossero impegnati e operativi. Proprio per questo, parla di possibile problema di organizzazione, di distribuzione dei ruoli, di processi che, in presenza di un grande afflusso, non riescono a reggere il carico.

Quando la lentezza diventa un freno alla movida e ai consumi

Il rischio, secondo quanto emerso in trasmissione, è che la lentezza del servizio si trasformi in un freno all’entusiasmo. Chi vuole fare shopping, fermarsi per un aperitivo, magari prendere un caffè prima di continuare il giro o prima di andare a teatro, ha bisogno di tempi ragionevoli. Se ogni tappa diventa un’attesa, la giornata perde fluidità e, alla lunga, si rischia di rinunciare a una parte delle consumazioni.

In una città che punta sempre di più sulla movida, sugli eventi, sull’attrattività natalizia e in generale sulla vita serale, il tema della qualità e della rapidità del servizio diventa centrale. Non è solo una questione di cortesia o di comfort: è parte integrante della capacità di Trieste di sostenere il proprio stesso successo. Più gente in città significa più opportunità, ma anche più responsabilità per chi gestisce locali, bar e spazi di ristorazione.

Una critica costruttiva per spingere al miglioramento

Il tono con cui Rebek solleva il problema è quello della critica costruttiva. Non si tratta di puntare il dito contro la categoria, quanto di invitare tutti a riflettere su come trasformare questi giorni di grande afflusso in un’occasione di crescita. Se la città vuole che la movida cresca e che aumentino i locali notturni e i punti di ritrovo, è indispensabile che il sistema sia in grado di supportare l’ondata di clienti senza trasformare ogni consumazione in un percorso ad ostacoli.

L’auspicio è che questa consapevolezza, nata dall’osservazione sul campo in un weekend di dicembre particolarmente intenso, possa tradursi in un miglioramento reale, fatto di formazione, organizzazione, pianificazione degli orari e rafforzamento dei team nei momenti di maggiore afflusso.

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